Ieri a Roma il debutto del movimento di Pisapia: il sindaco di Cagliari è tra i leader
Zedda lancia la nuova sinistra I big sardi in prima fila al battesimo del Campo progressista
Iniziare con il bagno di folla, in politica, è sempre di buon auspicio anche per un progetto che, per ora, non ha l'ambizione di essere un partito. Al battesimo del Campo progressista, ieri mattina al teatro Brancaccio di Roma, hanno voluto assistere in tanti, dai big nazionali a simpatizzanti ed elettori del centrosinistra. Perché è proprio su un centrosinistra in difficoltà che il Campo progressista vuole intervenire per ricostruire, unire e spostare l'asse della coalizione.
Anche in Sardegna si respira la voglia di cambiamento: tra i tanti partiti dall'Isola anche il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda che, insieme all'ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia, leader del progetto, incarna una delle esperienze vincenti di una coalizione unita. Zedda rappresenta una figura importante a livello nazionale, ma conferma di voler portare avanti «l'impegno preso con Cagliari e la Città metropolitana».
IL BATTESIMO Giuliano Pisapia chiude l'incontro descrivendo i princìpi del progetto. Ad ascoltare ci sono Gianni Cuperlo del Pd e, dall'altra parte, il leader degli scissionisti Dem, Roberto Speranza, che ha fondato i Democratici e progressisti. In platea anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, e il leader del Centro democratico, Bruno Tabacci. A fare gli onori di casa un altro big del Pd, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti.
Pisapia fissa alcune regole chiave: in politica non serve il lìder maximo (messaggio a Renzi) così come non fa bene alla politica avere un Parlamento di nominati. Dal palco del teatro romano non volano dichiarazioni di guerra: inevitabile parlare dei rapporti col Pd che, come ricorda Pisapia, dopo il congresso «dovrà chiarire se guarda a destra o a sinistra».
Dalla Sardegna sono tanti i rappresentanti politici che siedono nelle poltroncine del Brancaccio. Oltre a Massimo Zedda ci sono i parlamentari Luciano Uras, Roberto Capelli e Michele Piras, i consiglieri regionali Anna Maria Busia e Francesco Agus e l'ex assessora regionale alla Cultura, Claudia Firino.
IL PROGETTO La fine di Sel ha permesso di avviare una nuova fase che ha proprio negli ex esponenti vendoliani i traghettatori. Il motto è parlare con tutti i partiti, i movimenti e gli elettori che guardano all'esperienza del centrosinistra (o della “sinistracentro” per usare la definizione dell'ex sindaco di Milano), come l'unica in grado di risolvere i problemi quotidiani della gente. «Le persone ci chiedono risposte, non sono interessate alle divisioni», spiega Zedda, «abbiamo temi importanti da discutere come lavoro e occupazione». Questioni che diventeranno, insieme ad altre, oggetto delle officine per le idee che inizieranno a svolgere il lavoro sul territorio.
NELL'ISOLA Il Campo progressista cerca di fare breccia anche in Sardegna, proprio partendo dalle esperienze vincenti in cui il centrosinistra si è presentato unito agli elettori. Zedda è convinto che ci siano «tante persone che si riconoscono in un progetto politico serio che non commetta gli errori del passato». Sembra, però, che lo scenario attuale non sia la base di partenza per il futuro, almeno secondo quanto dichiara il senatore Luciano Uras: «Il presente non ci appartiene più, noi pensiamo a un futuro diverso e migliore». Sulla stessa linea anche il deputato del Centro democratico, Roberto Capelli, convinto che «il Campo progressista sia una proposta della politica seria, un campo aperto che deve filtrare le adesioni per non diventare un treno in corsa in cui qualcuno cerca posto. Insomma, l'opposto di quello che accade con l'attuale governo regionale». Fondamentale il ruolo centrale degli amministratori locali. «Dobbiamo ripartire dalla buona esperienza di governo delle città, stare uniti sui temi, tenere saldi il rigore e l'onesta e infine mantenere gli impegni», dice Zedda.
IL FUTURO La tesi che il Campo progressista non sia un partito dà vita ad alcuni interrogativi. Perché per andare alle elezioni un simbolo è necessario averlo e, che sia un partito o un movimento, deve essere costituito. Per ora si pensa a costruire un programma, cercando di coinvolgere chi ancora crede in un progetto di coalizione.
Matteo Sau