PIAZZA INDIPENDENZA.
Quattromila maschere attraverso i rioni storici La Ratantira sfila al suono delle grancasse
Prove d'orchestra, di tamburi e rullanti. Sa Ratantira casteddaia si anima quando l'orologio batte le 16,30 e piazza Indipendenza, fino ad allora semivuota, diventa un teatro di maschere. Dal basso, scalando le strette strade del Castello, da via La Marmora, da via Cannelles e via Martini, compaiono improvvisamente decine di donne, di uomini e bambini con i volti dipinti e i vestiti coloratissimi. La musica, il ritmo si fanno assordanti, amplificati dai palazzi della piazza. È la Ratantira, il carnevale che la città aveva conosciuto fiorente, pazzo, affollato all'inverosimile. Non ci sono più i carri allegorici, e neppure le migliaia di maschere che sfilavano in una città fermata dalla festa.
Ma che importa, pensare al passato. Castello, Marina, Stampace non ci rinunciano, al Carnevale. E immaginano il futuro, rispolverando personaggi assopiti, gli uomini-donna improponibili per tanta bruttezza, le impossibili donne-uomo.
Da piazza Indipendenza il corteo si sposta verso via Badas, via Dessì e il viale Regina Elena per poi infilarsi in via Garibaldi e tappezzarla di coriandoli e stelle filanti al suono assordante delle grancasse, delle urla. A quella cantilena ad una sola voce che invoca la Ratantira prima di zittirsi e dar campo libero ai tamburi.
In quattromila avanzano in via Sonnino, verso piazzetta Lippi, via XX Settembre e via Roma. Poi di nuovo su verso il Largo ed il Corso, attraversando i rioni storici di una città che al suo Carnevale non vuole rinunciare e che forse, almeno nella testa dei più anziani, vorrebbe veder rinascere davvero.
A. Pi.