Primo passo: il sì del Comitato tecnico regionale prevenzione incendi
Il percorso per la realizzazione di un deposito/rigassificatore al porto canale sarà lungo e complesso. Prima tappa: passare l'esame del Comitato tecnico regionale prevenzione incendi. Un passaggio inevitabile, previsto dal decreto Seveso: che è la normativa di riferimento quando si tratta di quegli stabilimenti definiti “a maggior rischio” in caso di incidenti. E qui si parla di Gnl, un materiale altamente infiammabile e che può esplodere.
LA RIUNIONE DI IERI È questo, in sintesi, il risultato della riunione che si è tenuta ieri mattina nella sede dell'Autorità portuale. Attorno al tavolo, oltre a Roberto Isidori, commissario straordinario dell'ente padrone di casa, che rappresenta anche la Capitaneria di porto di cui è comandante, c'erano la dirigente del Comune Claudia Madeddu (edilizia privata) e funzionari di vigili del fuoco e Genio civile. Non una conferenza di servizi, che sarebbe già una tappa formale, ufficiale: piuttosto un incontro preliminare, informale, un modo per saggiare il terreno burocratico prima di poggiare il primo passo.
LA DIRETTIVA Poche le informazioni filtrate nel pomeriggio. Tra queste, la più importante è sicuramente la definizione dell'iter che dovrà seguire il progetto presentato dalla Isgas, che a Cagliari già gestisce la rete del gas di città. A indicarlo è stato il rappresentante dei vigili del fuoco, competenti in materia di sicurezza quando c'è da esprimere un parere di fattibilità. «Nel caso specifico - spiega il comandante provinciale Luciano Cadoni - la tipologia di impianto rientra fra quelle per cui si applica la “direttiva Seveso”, normativa europea adottata negli anni '80 dopo il disastro causato da una fuga di diossina da un'impianto chimico a Seveso, bassa Brianza, e recepita dall'Italia nel 1988».
IL GAS LIQUIDO L'impianto che la Isgas vuole realizzare nel porto canale consiste in un sette o otto silos a forma di sigaro disposti in orizzontale uno accanto a l'altro, per la capienza complessiva di 20mila metri cubi, nei quali dovrebbe essere stoccato il Gnl, gas naturale liquido, composto principalmente da metano.
Il Gnl è benedetto dal piano energetico della Regione: per la Sardegna rappresenterebbe un'alternativa ecologica ed economicamente vantaggiosa rispetto ai carburanti fossili su cui è basato l'attuale sistema energetico sardo e all'aria propanata usata come gas di città. Viaggerebbe non in un gasdotto ma nelle stive di navi metaniere, conservato allo stato liquido, a una temperatura di 160° sotto zero. Per poter essere bruciato come carburante per alimentare i motori di auto e navi ma anche come gas di città, il Gnl deve però necessariamente essere riportato allo stato gassoso. La trasformazione avverrebbe appunto nell'impianto che la Isgas vuole realizzare al porto canale, dunque in un'area in cui arrivano, fanno manovra, attraccano navi portacontainer fra le più grandi al mondo, sono depositati e vengono movimentati migliaia di container e tonnellate di merci sfuse e lavorano centinaia di persone.
IL COMITATO «Pronunciarsi sui profili di sicurezza, stabilire le caratteristiche tecniche dell'impianto e la distanza minima tra questo e, per esempio, la strada statale 195 è prerogativa del Comitato tecnico regionale prevenzione incendi», prosegue Cadoni: «A esso la ditta proponente dovrà sottoporre un rapporto in cui si ipotizzino i rischi nelle varie fattispecie di eventuali incidenti. Solo dopo il via libera del Comitato l'Autorità portuale potrà esprimere il parere sulla compatibilità fra l'impianto e il luogo destinato ad accoglierlo».
Del Comitato fanno parte il comandante regionale e quelli provinciali dei vigili del fuoco, il comandante della Capitaneria di porto e rappresentanti di Arpas, Inail, Ordine degli ingegneri e Comune. L'organismo, nei mesi scorsi, ha dato il via libera alla realizzazione, nel porto di Santa Giusta, di due depositi/rigassificatori molto simili a quello che si vorrebbe costruire nel porto canale. In quei casi fu necessario adeguare i progetti alle osservazioni formulate dalla Capitaneria di porto di Oristano che aveva ritenuto non compatibili le caratteristiche degli approdi.
Marco Noce