L’ex premier a un convegno a Cagliari: «Non penso a un nuovo partito, ma voglio il congresso del Pd»
di Stefano Ambu
CAGLIARI. Pci, Ulivo, Ds, Pd, Sel. Sembra una canzone di Rino Gaetano. Invece sono le sigle di vecchia e nuova sinistra che Massimo D'Alema riesce a mettere d'accordo quando parla di politica. Estera. Congresso adesso, congresso dopo, voto adesso o voto dopo, tutti insieme o liberi tutti: questioni che rimangono sullo sfondo quando l'ex Primo ministro parla di delegazione politica che va a cercare di lavorare per la pace a Baghdad o, con nomi, cognomi e grandi competenze, di scenari siriani o costituzioni libanesi. L'occasione è stata ieri sera a Cagliari il V Meeting Internazionale delle Politiche del Mediterraneo. Il titolo dell'evento: "I nuovi scenari geopolitici nel Mediterraneo. Le politiche dell'UE e dell'Italia in Medio e Vicino Oriente". A fare gli onori di casa il presidente della Federazione Assadakah Italia - Centro Italo Arabo e del Mediterraneo Onlus, Raimondo Schiavone. Argomenti: la guerra in Siria, la lotta al terrorismo, il ruolo del Libano nel contesto regionale, le prospettive di crescita della Tunisia, i rapporti con la sponda sud del Mediterraneo e i flussi migratori. Sala gremita. Per ascoltare il D'Alema versione "fuori casa" c'erano pezzi da novanta della storia della sinistra in Sardegna: da Antonello Cabras, presidente della Fondazione Sardegna, nel tavolo dei relatori al sindaco di Cagliari Massimo Zedda, nelle "giovanili" degli antenati del Pd quando D'Alema se la vedeva con Berlusconi. Poi Piersandro Scano e tanti altri. Nelle ultime file anche qualcuno che con il pianeta "rosso" non c'entra nulla. Più azzurro che rosso, ma innamorato della politica. E quindi anche di D'Alema. Si è parlato. E non si poteva proprio farne a meno anche di politica italiana. Ma, come si dice, "a margine". Un po' di Sardegna. «Il voto sardo – ha detto D'Alema prima del via al convegno riferendosi al referendum – è significativo anche perché manifesta un profondo malessere. C'è uno studio dell'istituto Cattaneo che nella fascia di reddito medio bassa vince il no. I poveri, gli emarginati, la gente arrabbiata vota contro il governo. E la Sardegna è una regione che vive una situazione sociale e occupazionale di grande difficoltà. Nel voto del referendum si riflette anche questo». Poi, per forza di cose, l'Italia. «Non voglio formare nuovi partiti – ha precisato –. Io ho chiesto il congresso del Pd. Se non ci sarà una discussione democratica all'interno del Pd inevitabilmente ognuno si sentirà libero di fare altre cose. Mai riferito a fondazione di partiti ho parlato di un movimento per la rinascita del centrosinistra un po' nei termini che oggi Bersani ha sviluppato in modo convincente. Mi piacerebbe discutere democraticamente nel mio partito. Ma questo purtroppo non ci viene consentito». Situazione un po' così: «Io ho chiesto il congresso. Non ho ricevuto nessuna riposta nel merito, ma solo insulti. Li ho segnati, per memoria...». Il presente e l'immediato futuro? «Del tutto d'accordo con il presidente Giorgio Napolitano. Credo che sarebbe utile a tutti che il Parlamento avesse modo di lavorare a una legge elettorale tendendo conto di quello che ancora non sappiamo, cioè delle motivazioni della sentenza della Corte costituzionale».