Fra gli interventi quello di don Maurizio Patriciello, prete anti-camorra della Terra dei fuochi
Migliaia in corteo per la Marcia della pace, Chiesa in prima linea
«Chi è che ama? Gesù ama! Chi è che salva? Gesù salva». Con slogan così, pur nella sua imponenza e nonostante la delicatezza di temi come le servitù militari dell'Isola e la produzione, a Domusnovas, delle bombe che dilaniano e uccidono civili inermi in Yemen, la trentesima Marcia della pace non poteva (né intendeva) spaventare nessuno. A cantarli, quegli slogan, alcune allegre ragazze di parrocchia che tenevano lo striscione in testa al corteo pacifista sardo, sfilato ieri per la prima volta a Cagliari. Dietro, altri striscioni (uno, retto da giovani migranti, recitava “Siamo tutti nello stesso barcone”) e alcune migliaia di persone.
CHI C'ERA Tante bandiere arcobaleno e tanti giovani: 500, fra studenti universitari e di varie scuole superiori e membri delle associazioni cattoliche, quelli che in mattinata hanno partecipato ai laboratori di approfondimento nella sala congressi della fiera internazionale della Sardegna. Con loro, rappresentanti di sindacati (Cisl e Confederazione sindacale sarda), partiti (Sardigna Natzione), associazioni (tante le bandiere gialle e verdi di Legambiente, qualche striscione dell'Assotziu consumadoris Sardigna, i vessilli dell'Acli). Ma anche tanta società civile, prevalentemente (ma non esclusivamente) cattolica, sicuramente pacifista. Del resto, il tema proposto da papa Francesco per la 50ª Giornata mondiale della pace che si celebrerà il 1 gennaio e cui è legata la marcia sarda è “La non-violenza: stile di una politica per la pace”.
L'ITINERARIO La città, ha spiegato la vicesindaca Luisa Anna Marras, ha accolto di buon grado la manifestazione promossa dalla diocesi di Ales-Terralba, cui da qualche tempo si è affiancata la delegazione regionale della Caritas: si segnalano giusto, lungo l'itinerario, alcuni temporanei rallentamenti del traffico, moderati dalla Polizia municipale.
Il corteo, cui hanno partecipato l'arcivescovo di Cagliari Arrigo Miglio e i vescovi di Ales-Terralba, Roberto Carboni, e Iglesias, Giovanni Paolo Zedda, più una folta pattuglia di sindaci e sacerdoti, si è mosso dal sagrato di Bonaria, dove il raduno era fissato alle tre del pomeriggio, e ha raggiunto intorno alle 16,30 piazzale Trento, dove si sono tenuti i comizi conclusivi.
FRATELLI Fra questi, quello di don Maurizio Patriciello, il parroco di Caivano, diocesi di Aversa, Campania: il prete che ha dato voce e anima al dolore e alla protesta della popolazione della Terra dei fuochi, falcidiata dal cancro causato dai rifiuti tossici seppelliti dalla camorra nelle campagne. Il sacerdote (che ha detto di avere trascorso alcuni anni della sua infanzia in Sardegna, ad Abbasanta, al seguito del padre commerciante) ha evidenziato il collegamento stretto tra difesa dell'ambiente e rifiuto della guerra. Che non è solo quella che oppone Stato a Stato: «Bisogna cominciare dalle nostre case, dalle nostre famiglie, tra fratelli: bisogna dire a Caino “Sì, tu sei il custode di tuo fratello” ». Nemmeno la pace è quello che spesso si pensa: «Pace non significa assenza di guerra, significa togliere alla guerra la possibilità di scoppiare. Significa eliminare le ingiustizie, le disuguaglianze. I poveri chiedono giustizia. E io, stanotte, andando a letto penserò a quelli che dormono sui cartoni».
SERVITÙ MILITARI Paolo Pisu, l'ex sindaco di Laconi, coordinatore della “Tavola sarda per la pace”, ha invitato gli organizzatori (e in particolare il sacerdote villacidrese don Angelo Pittau) a unirsi nella richiesta di «una conferenza regionale convocata dal basso per discutere delle servitù militari in Sardegna e chiedere la riconversione della fabbrica di morte di Domusnovas». Riconvertire? E come? «Per esempio - suggerisce Ennio Cabiddu di Sardegna Pulita - facendo in modo che produca, anziché bombe, protesi per i mutilati».
Marco Noce