A Cagliari, accanto al convento, c'era la fucina del cappuccino Quel presepe capolavoro
inventato da Fra Lorenzo
S ui social, proprio a ridosso del Natale, ha spopolato il video, una sorta di puzzle amatoriale fatto di paesaggi notturni che, a diverse latitudini, venivano illuminati da improvvisi, inquietanti bagliori. Stelle cadenti? Meteoriti o asteroidi? Alieni a bordo delle loro misteriose astronavi?
Ogni interpretazione o lettura che del fenomeno se ne voglia dare resta legittima e rispettabile.
Di sicuro sono immagini di grande potenza evocativa di ciò che è il Natale cristiano: «Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce », scriveva Isaia sette secoli prima della nascita di Gesù.
Quella luce che rischiarò, accecandoli, la notte dei pastori di Betlemme, intenti a vegliare le greggi, sospingendoli alla grotta della Natività dove la vera Luce del mondo giaceva tra la paglia del bestiame.
Ancora una luce appare nel cielo per indicare a dei sapienti, in arrivo dal vicino Oriente, l'evento che dividerà la storia dell'uomo: «Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima», leggiamo nel Vangelo di Matteo.
«La festa del Natale», ha scritto Benedetto XVI in una delle sue catechesi sul Natale «coincide, nel nostro emisfero, con i giorni dell'anno nei quali il sole termina la sua parabola discendente e si avvia ad allungare gradualmente il tempo di luce diurna, secondo il ricorrente susseguirsi delle stagioni. Questo ci aiuta a meglio comprendere il tema della luce che sopravanza le tenebre. È simbolo evocatore di una realtà che tocca l'intimo dell'uomo: mi riferisco alla luce del bene che vince il male, dell'amore che supera l'odio, della vita che sconfigge la morte. A questa luce interiore, alla luce divina fa pensare il Natale, che torna a riproporci l'annuncio della definitiva vittoria dell'amore di Dio sul peccato e la morte».
Fra Lorenzo da Sardara il suo presepio l'ha ideato, realizzato, modificato di notte, nel buio di quel grottino naturale di fianco al convento di sant'Ignazio, trasformato in fucina e laboratorio di questo autentico capolavoro dell'artigianato artistico cristiano, oggetto di venerata, immutata ammirazione. Mille e mille notti trascorse a progettare il movimento di tutti i personaggi della sua Natività, a creare ruscelli e cascatelle, il laghetto con il pescatore e la sua canna, “sa lolla” di una casa campidanese con tutte le arti e mestieri della civiltà contadina, sfondi e voli di fenicotteri nel cielo di Giudea, ma soprattutto - mentre tutto intorno a lui si spegneva e taceva - per illuminare quell'anonima grotta del Campo dei pastori della «Luce vera che veniva nel mondo».
Fra Lorenzo si è staccato dal suo presepe proprio il giorno in cui iniziava, in tutte le chiese, la Novena di Natale.
Fino allo scorso anno, ha sempre presenziato al semplice rito della benedizione del presepe. Era il simbolico taglio del nastro, per poi spingere delicatamente la porta ed entrare in un mondo che solo la finissima sensibilità di questo cappuccino sapeva trasformare in una straordinaria animazione.
Un capolavoro di cui è stato regista, sceneggiatore, datore di luci, fonico e persino voce fuori campo. Ma sempre nel nascondimento più assoluto.
«I poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell'oscurità e la città dorme nell'indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi»: è un passaggio degli auguri scomodi per Natale di don Tonino Bello, il vescovo di Molfetta (per il quale è stato avviato il processo di beatificazione) apprezzato, soprattutto post mortem per il suo linguaggio, diretto, evangelico senza sconti.
«I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge”, e scrutano l'aurora», scrive ancora don Tonino «vi diano il senso della storia, l'ebbrezza delle attese, il gaudio dell'abbandono in Dio. E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l'unico modo per morire ricchi».
Nel suo letto di morte fra Lorenzo si è confuso con i pastori del suo presepe. Ha scrutato l'aurora e ha riconosciuto la «Luce vera che sconfigge le tenebre del male». Con le sue ultime forze ha chiesto un foglio di carta e una penna per scrivere il suo testamento spirituale: «Buon Natale a tutti».
Adesso, nel fondale suo presepe, c'è una nuova piccola luce. Ma per vederla bisogna essere poveri o farsi bambini. Come lui.
Paolo Matta