Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Poda e l'arte di un artigiano «Io, che vivo l'opera lirica»

Fonte: L'Unione Sarda
15 dicembre 2016

Il personaggio È il regista trentino a firmare “Il Trovatore” da domani a Cagliari

 

 

 

 

L a più bella delle opere è quella che non ha mai fatto. «E forse non farò mai. “Pélleas et Mélisande”. La amo così tanto, per questo non voglio realizzarla, perché, come nella vita, quando si giunge a ottenere qualcosa, subito dopo la perdi. Nell'opera, poi, è anche peggio: se fai un click sbagliato è finita».
Stefano Poda, che ha trovato la sua patria nei teatri di Spagna, in Germania, Austria, e in America Latina, e solo di recente ha fatto pace con l'Italia, è un uomo appassionato e insieme pacato. Trentino di nascita, cittadino del mondo per scelta e per necessità, artista totale (ma lui preferisce definirsi artigiano), è regista, scenografo, costumista, datore di luci, coreografo di tutte le 150 produzioni da lui firmate negli ultimi venti anni. Convinto sostenitore dell'importanza dell'opera basata su due soli gesti: un direttore e un regista. La musica e il corpo.
Ora per lui c'è “Il Trovatore”. Quello che torna a Cagliari, finalmente, dopo quattordici anni. Con Marcello Giordani (Manrico), Daniela Schillaci (Leonora), Roberto Frontali (Il Conte di Luna) e Enkeleida Shkoza (Azucena). E sul podio Giampaolo Bisanti, a dirigere l'orchestra e il coro preparato da Gaetano Mastroiaco.
Un “Trovatore” arcaico, antico, ancestrale. Fuori dal tempo e dallo spazio. Astratto, privo di connotazioni specifiche, ma nello stesso tempo estremamente materico. Con quella gigantesca luna che domina la scena, a dirci dell'amore notturno e nascosto di Leonora e Manrico. Con quella mano pronta a ghermirla, a ricordarci il potere che in questa storia è più forte di tutto. Astratta, aerea, inafferrabile - come la musica - è la luce, caravaggesca. «La luce è l'unico parallelo spirituale della musica. Spirito puro, corpo che non c'è».
Pensato e realizzato nel 2012 per il Festival di Atene, nel teatro all'aperto di Erode Attico, l'allestimento ripreso dal Lirico è del tutto diverso da quello originale. «All'aria aperta io valorizzo il luogo, la sua Stimmung, l'atmosfera, adesso mi trovo ad agire in uno spazio chiuso e più ridotto. Sono arrivato da San Paolo, preceduto dal mio assistente, Paolo Giani, e felice di essere qui, nonostante gli impegni. In pochi giorni gli scenografi del teatro hanno fatto il miracolo. Bravissimi. A Cagliari ho visto segni di passione e di professionalità che non si vedono sempre». Si rinnovano i costumi, affidati alla sartoria di Mino Fadda, si modificano le scene, si creano nuove suggestioni. Non cambia l'ispirazione. «Resta l'ossessione che accomuna i miei lavori. L'opera riunisce tutte le sensazioni della vita. È una esperienza totale».
Che cosa è per lei l'opera?
«Un mondo di sogno. Nasce da Proust, dal suo tempo ritrovato, dal capire che tutto ha a che vedere con tutto, e che basta un frammento per scoprire la riflessione di una vita vera. Oggi viviamo una vita caotica, la rivoluzione informatica ci ha strappato alle nostre sicurezze. Prima si andava in chiesa, al museo, si dava più spazio allo spirito. Il teatro deve funzionare alla maniera del sogno. L'astrazione non si può catturare. Per questo non ci sono effetti tecnologici. Mi piacciono le cose fatte a mano. Sono un artigiano. Non mi interessano le grosse produzioni».
Lei è anche coreografo.
«La coreografia è la dimensione che più amo. È teatro del corpo e dello spirito. Vorrei che l'opera fosse seria come la danza contemporanea. Diventerebbe una forza straordinaria».
Il suo pubblico ideale?
«È un pubblico vasto, va dal bambino al vecchio, da chi coltiva l'arte a chi la vede per la prima volta. La ricchezza interiore non è mai legata alla cultura, quanto più una persona è primitiva tanto più conserva forza e capacità di visione. Io evito la storia, il tempo. E anche la narrazione per me deve essere sempre poetica e aperta. Chi vuole si lascia andare. La musica non ha razionalità, è tutto frammentario, e in questo “Il Trovatore”, così come è strutturato, aiuta molto».
Maria Paola Masala