Lirico Il sovrintendente Claudio Orazi presenta oggi il libro del musicologo Felice Todde
I l primo dubbio lo solleva l'immagine di copertina: lo ritrae nei panni del Raoul di Meyerbeer, o secondo taluni in quelli del Don Giovanni mozartiano, che pure vestì. Un modo per dirci quanto sia arduo riportare alla realtà un personaggio leggendario come Giovanni Matteo De Candia, cagliaritano, che col nome d'arte di Mario fu tra i più grandi tenori dell'Ottocento. Successore di Rubini, protagonista delle stagioni di Parigi (Opéra, Théâtre des Italiens) e Londra (Her Majesty's Theatre, Covent Garden), compagno di vita e d'arte del soprano Giulia Grisi, da cui ebbe sei figlie, acclamato in Spagna, Stati Uniti e Russia. E tanto famoso da diventare oggetto di leggende.
VERA STORIA “Il tenore gentiluomo”, Zecchini Editore, riscrive ora “La vera storia di Mario”. Ne è autore il musicologo cagliaritano Felice Todde, che condensa in 478 pagine e 46 capitoli un saggio ricco d'immagini, da leggere come un romanzo, nonostante note, citazioni, epistolari, articoli dei giornali dell'epoca. Questo pomeriggio alle 17.30 a Cagliari, nel foyer del Lirico, a parlarne con il musicologo sarà il sovrintendente Claudio Orazi.
Il libro, frutto di un lavoro di sei anni, narra dei teatri d'opera dell'Ottocento, e costruisce un ritratto veritiero di un personaggio che ha vissuto le trasformazioni del suo tempo: è passato dalla carrozza al treno, e nella carriera artistica, si è trovato nel bel mezzo della rivoluzione verdiana, lui che era partito dal belcantismo di Donizetti e Bellini. Una gloria per la Sardegna e per Cagliari, che in via Dritta (ora via Lamarmora) lo vide nascere, nell'ottobre del 1810. Giovanni Matteo, Gioannico - che alla sua città restò legatissimo, nonostante ci avesse trascorso soltanto i primi sei anni di vita, e vi fosse tornato per pochi giorni, a 38 anni, per l'acquisto di una casa - era figlio di un alto ufficiale dell'esercito savoiardo, divenuto governatore di Nizza. Destinato alla carriera militare, Giovanni studiò a Torino, disertò per motivi di debiti, entrò in rapporto con i fuoriusciti italiani legati al salotto parigino di Cristina Belgiojoso. Dotato di grande talento, fu il primo interprete dello Stabat Mater rossiniano, il primo Ernesto nel “Don Pasquale”. Cantò ovunque, ma per una promessa alla madre mai in Italia.
RISORGIMENTO Sostenitore della causa risorgimentale, amico di Mazzini ma non strettamente mazziniano, finanziatore dell'impresa dei Mille, trascorse l'ultimo decennio a Roma, modestamente, trovando sostegno negli amici inglesi, nei principi Odescalchi, nei Pes di Villamarina. Morto nella capitale nel 1883, fu sepolto a Cagliari, nel cimitero di Bonaria, pare per sollecitazione delle autorità comunali. Giulia Grisi e le tre figlie morte in tenera età riposano invece al Père Lachaise.
NOTIZIE FALSE Una vita costellata di notizie false, quella di Mario. Principale responsabile, lo stesso tenore, che accreditò gli appellativi di esule, conte, marchese. Il resto lo fece sua figlia, Cecilia Pearse De Candia, autrice di una biografia in gran parte romanzata, “The Romance of a Great Singer”, pubblicata nel centenario della nascita. Dice ora Todde: «Ho pensato che c'era solo un modo per scrivere correttamente di Mario. Consultare i documenti». Particolarmente prezioso, l'aiuto dell'Archivio di Stato e della Soprintendenza bibliografica di Cagliari, dell'Archivio storico del Comune, della Biblioteca Universitaria. Utili le bozze di Antonino Defraia di un libro su Mario che la morte gli impedì di ultimare. «Poi, semplicemente, sono andato alle fonti». Tra le tante: la corrispondenza di Mazzini, i diari e la corrispondenza di Meyerbeer, pubblicazioni inglesi, cronache dell'epoca, il saggio di Antonello Mattone e Piero Sanna (“Settecento sardo e cultura europea”) per le origini dei Candia, armatori-corallari di Torre del Greco approdati nel Settecento in Sardegna, e qui nobilitati come cavalieri. Infine, le lettere del tenore, in italiano e in francese, zeppe di errori, spesso nell'uso delle doppie. Retaggio della parlata sarda che, pur avendo lasciato la sua isola da bambino, Mario non dimenticò mai.
Maria Paola Masala