Debutta questa sera a Cagliari la versione dell'Opera di Pechino
N arra una vecchia leggenda tedesca che il Doktor Faust, sapiente attratto dall'ignoto e nostalgico dei suoi anni verdi, facesse un patto col diavolo: ventiquattro anni di asservimento, in cambio della conoscenza assoluta. Soggetto ripreso da Goethe in un suo poema, famoso e di lunghissima gestazione. E sarà in scena da questa sera al Teatro Massimo di Cagliari, per il Circuito multidisciplinare dello spettacolo in Sardegna un versione di “Faust” proposta dalla China National Peking Opera Company. Organizzazione della CeDac, regia di Anna Peschke, per una rappresentazione condotta secondi gli stilemi Jîngiù, pratica artistica basata su ruoli fissi. Ovvero quelli di Shêng, figura maschile dai tratti aristocratici, del suo opposto Jìng dal viso dipinto, del clown Chou e di Dàn che impersona la donna. Sottotitoli in italiano, per una storia raccontata attraverso la fusione di recitazione, musica, danza, pantomima, arti marziali. Una formula che non mancherà di affascinare il pubblico, anche in virtù delle musiche originali. Praticamente un'orchestra, per uno spartito che prevede percussioni, chitarra elettrica, gong, contrabbasso, bangu e elaborazioni elettroniche.
Sul palco, la trasformazione di un dotto che ha ormai in tedio la vita e sta per avvelenarsi. Lo soccorre Mefistofele, e non per generosità. Satana ha fatto una scommessa con Dio: Faust, medico e teologo, si venderà l'anima per godere della bellezza di Margherita. Dopo aver bevuto una pozione miracolosa ritroverà passione e vigore. La ragazza cerca di sfuggire al satiro ma una collana bellissima e magica le fa accettare un amore letale.
«Faust», racconta Anna Pescke, «è all'inizio un nobile Sheng, ma quando con avidità e egoismo, lascia dietro di lui una scia di distruzione, rivela via via la sua vera natura: un selvaggio Jing». Con la faccia pitturata di rosso, di bianco, di nero. Colori che simboleggiano l'onestà, la malvagità e la giustizia. La tragedia travolge tutti. Muore Margherita, divenuta folle, muore sua madre, muore suo fratello. Muore anche il suo piccolo figlio, che ella affoga credendo di lavarlo.
Unico a salvarsi, forse attraverso la catarsi, è proprio colui che, inappagato dalla condizione terrena, non esita a macchiarsi di nefandezze che risulteranno inutili. «All'attimo direi: sei così bello, fermati!», fa dire Goethe al suo protagonista.
Agli attori l'onere della trasposizione, anche visiva, di uno dei capolavori della letteratura europea datato 1808. I suoi temi, peraltro universali, sono affrontati, con venature orientali, dagli artisti multiformi e di solidissima preparazione, dell'Opera di Pechino, compagine attiva dal 1955 sotto la supervisione del Ministero della Cultura della Repubblica Popolare Cinese .
Alessandra Menesini