Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La battaglia del referendum Dal “sì” dei Democratici al “no” di Sel e dei gruppi del centrodestra

Fonte: L'Unione Sarda
25 novembre 2016

PALAZZO BACAREDDA.

Tra i consiglieri prevale lo schieramento trasversale dei contrari alla riforma

 

Prevalgono i “no” - 19 contro 13 “sì” - e c'è qualche indeciso. Con marcate sfumature: “incerto tendente a sì” (Aurelio Lai, Psd'Az) e “sì contro Renzi” (Pierpaolo Vargiu, Riformatori). Per il resto, i 34 consiglieri comunali che siedono sui banchi di palazzo Bacaredda hanno le idee chiare: al Referendum costituzionale del 4 dicembre assicureranno voti di schieramento (sia nel centrosinistra che nel centrodestra) ma anche frutto di “profondi convincimenti personali”. Il Pd è quasi compatto: tranne Marco Benucci, gli altri otto componenti del gruppo sono per il “sì”. I quattro consiglieri di Sel (partito che confluirà in Sinistra Italiana) sono per un “no” convinto, come pure i gruppi del centrodestra Forza Italia, Fratelli d'Italia e #Cagliari16. No senza ripensamenti anche per Alessandro Sorgia (Gruppo Misto) e i due consiglieri del Movimento 5 Stelle Antonietta Martinez e Peppino Calledda.
LA SCELTA Al di là della posizione del sindaco Massimo Zedda, esponente di Sel che non aderirà al progetto di Sinistra Italiana (sul referendum: «Votassi no mi dovrei dimettere», ha dichiarato), il capogruppo di Sinistra ecologia e libertà Matteo Massa, così come il compagno di partito Alessio Alias, chiariscono che il partito non ha «dato indicazioni di voto». Quindi ciascuno per sè: «E siamo tutti per il no». Si pone il problema del dopo 4 dicembre: dopo lo scioglimento di Sel cosa sarà e come si chiamerà il nuovo gruppo consiliare? «Una lista, una federazione, un'associazione: ogni decisione», sottolinea Massa, «la prenderemo dopo il referendum. Certo non confluiremo in Sinistra Italiana, contrario alla politica di centrosinistra. Noi siamo a sinistra, ma nel centrosinistra». La sardista Monia Matta parla per sé: «No convinto, secondo le indicazioni del partito». No anche per la collega sardista Gabriella Deidda («è l'indicazione del Psd'Az») ma non per Francesco Stara: «Sono per il sì. Perché credo che il cambiamento proposto dal referendum sia vitale, e il voto un fatto soggettivo».
IL DUBBIO Gli indecisi Aurelio Lai (Psd'Az, vicepresidente del Consiglio) e Pierpaolo Vargiu (Riformatori) spiegano la loro attesa. Lai: «Tendenzialmente voterò sì ma sono tante le ragioni che spingono continuamente a cambiare idea». Vargiu: «Il partito sta discutendo, la scelta è vicina». Il capogruppo riformatore Giorgio Angius ha rotto gli indugi: «Sì, anche se dal partito non è arrivata un'indicazione su come votare».
CONVEGNI Fabrizio Rodin, capogruppo del Partito democratico, conferma che il “sì” del Pd è quasi corale ma «non c'è stato un dibattito interno». Voto quindi frutto «delle sensibilità personali di ciascuno di noi». Rodin non sottovaluta i riflessi sia della vittoria del “sì” come quelli del “no”: «Ma ora si tratta di scegliere, ed è nostro dovere farlo». Lino Bistrussu (Casteddu pro s'indipendentzia) è per il “sì” («Roberto Tramaloni, collega nel Gruppo, è per il “no”») e rivendica il piacere-dovere di aver organizzato tre convegni per mettere in condizioni i cittadini di scegliere liberamente: «Abbiamo spiegato, e continueremo a illustrare, le ragioni dei due voti per favorire una scelta libera e convinta».
LE POSIZIONI Sul fronte del “no” sono schierati in modo granitico Alessio Mereu («il referendum lo ha voluto Renzi e interessa soltanto a lui») e Antonello Floris di Fratelli d'Italia, i consiglieri di Forza Italia Stefano Schirru («dopo la vittoria del no credo si debba andare subito alle elezioni») e Alessandro Balletto. Posizioni diverse sia tra i Popolari e Azzurri per Cagliari (Federico Ibba è per il “sì”, Loredana Lai per il “no”) che tra i Rossomori (Filippo Petrucci è per il “no”, Davide Carta per il “sì”). Piergiorgio Massidda e Pierluigi Mannino voteranno “no”. L'ex senatore azzurro: «Ho l'esperienza da parlamentare a guidarmi, e nel referendum intravedo molte trappole pericolose per la nostra autonomia regionale. Con la vittoria del “sì” verrebbero a mancare le tutele che oggi abbiamo».
Pietro Picciau