Il progetto, l’Atelier del riciclo a Cagliari: un laboratorio di sartoria pensato per l’integrazione e l’inclusione sociale
L’Atelier del riciclo: un laboratorio di sartoria pensato per l’integrazione e l’inclusione sociale. L’Atelier del riciclo è un piccolo laboratorio di sartoria artigianale, dove vecchie stoffe usate trovano vita nuova, ed è destinato a un gruppo di donne, sia immigrate sia sarde, con lo scopo di favorirne l’integrazione nel mondo del lavoro. L’idea è nata dai volontari del Gruppo ActionAid di Cagliari, che hanno partecipato al Premio “Realizza il cambiamento”. Il concorso è stato promosso a livello nazionale dall’organizzazione indipendente ActionAid Italia, che ha chiamato i suoi gruppi locali a ideare un progetto di cambiamento, in linea con i valori cui si ispira e con le attività che ognuno sta portando avanti nel proprio paese.
‹‹La nostra idea››, ci spiega Cinzia Mullano, vicepresidente del gruppo di Cagliari, ‹‹si propone di coniugare due tematiche portanti della nuova strategia che ActionAid ha pensato per la sua azione in Italia, ovvero i diritti delle donne e l’integrazione degli immigrati››.
Il progetto dei volontari sardi è stato il più apprezzato in tutta Italia – ricevendo ben 946 voti sul web – e si trova ad un passo dalla vittoria. Solo la decisione finale di una giuria composta da tre membri interni dell’organizzazione li separa dal premio: un contributo in denaro che permetterà di tramutare in realtà la loro splendida visione di cambiamento, portando così un concreto miglioramento nella comunità in cui operano. Il progetto, inoltre, prevede la collaborazione con due partner, il Consorzio Csr di Santadi e l’Associazione “Terra Battuta” di Cagliari.
La creazione di un laboratorio sartoriale – orientato al riciclo creativo – rappresenta una speranza, un’occasione di rinascita non solo per vecchi capi di abbigliamento, ma si propone di cambiare e migliorare la vita di sette giovani donne richiedenti protezione internazionale, che sono ospiti di un centro di accoglienza nel comune di Capoterra. L’idea del gruppo di volontari cagliaritani risponde, infatti, all’esigenza di impegnare le ragazze in attività ricreative, tenendo conto delle loro aspirazioni e delle competenze maturate nel loro paese d’origine. Accanto all’inclusione socio-lavorativa e a quella sociale, tra gli obiettivi da raggiungere vi è, inoltre, quello dell’integrazione, in quanto il progetto mira a coinvolgere anche tre donne sarde che si trovano in uno stato di disagio economico e sociale. Non solo, dunque, una concreta opportunità lavorativa ma, altresì, un alto momento di unione e collaborazione attraverso la conoscenza e il confronto reciproco tra culture diverse.
L’Atelier del riciclo produrrà capi di abbigliamento, accessori e corredini per neonati, reimpiegando abiti usati che saranno trasformati e impreziositi da stoffe e accessori originali, sia locali sia provenienti dai luoghi d’origine delle ospiti coinvolte. Oltre alla produzione di capi originali e di nicchia, la vera forza e il vero cambiamento del progetto è da ricercarsi nel suo elemento cardine, ovvero la creazione di un marchio, a garanzia dell’unicità e della qualità dei prodotti realizzati, che sarà registrato presso la Camera di Commercio. Nella realizzazione del laboratorio di sartoria creativa sono previste, inoltre, anche altre attività complementari molto importanti, tra cui un corso di alfabetizzazione della lingua italiana e uno sulla sicurezza sul lavoro.
‹‹Il nostro obiettivo››, ci spiega ancora Cinzia Mullano, ‹‹è quello di permettere alle donne coinvolte di raggiungere una completa autonomia e di uscire dal centro di accoglienza arricchite da un bagaglio di competenze spendibili nel mercato del lavoro››. Il progetto, perciò, punta a generare un cambiamento profondo, sostenibile e orientato al futuro. Un cambiamento che, in realtà, sarà una crescita personale per le donne coinvolte. L’Atelier del riciclo è, dunque, il simbolo di un nuovo inizio, una seconda vita che si riscatta da un passato impietoso, fatto di disagio, violenza ed esclusione e, ancora, una nuova veste cucita con il filo della speranza. (Costanza Loddo)