Rassegna Stampa

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Sel, scioglimento a dicembre. E il futuro politico di Zedda passa dal referendum

Fonte: web sardiniapost.it
23 novembre 2016

Sel, scioglimento a dicembre. E il futuro politico di Zedda passa dal referendum

Sono convocati per il 9 e il 10 dicembre, anche in Sardegna, i congressi territoriali di Sel coi quali ratificare lo scioglimento del partito. Per Sinistra ecologia e libertà è un punto di non ritorno, perché la decisione di dire addio al Sel è ormai è presa, come deciso il 6 novembre scorso dall’assemblea nazionale convocata a Roma. Tuttavia il futuro politico degli esponenti isolani del partito dipende anche dall’esito del referendum: non fosse altro che eventuali ingressi nel Pd potranno avvenire solo in caso di vittoria del Sì, unica condizione perché ci consolidi la leadership del premier-segretario Matteo Renzi.

Ma andiamo con ordine: le date del 9 e 10 dicembre sono state ugualmente fissate dall’assemblea nazionale. Obiettivo: aprire la discussione interna sia sul capitolo che si chiude sia sul nuovo percorso politico da costruire. Sel nacque il 20 dicembre 2009 dalla fusione tra “Sinistra democratica”, guidata da Claudio Fava, e “Movimento per la sinistra” con Nichi Vendola leader. Poi ecco “Unire la sinistra” di Umberto Guidoni e “Associazione ecologisti” di Loredana De Pretis. In tutto, sette anni di storia in cui Sel è stata saldamente il secondo partito del centrosinistra, dopo il Pd.

E proprio la casa dei dem sembra, per certi versi, un approdo non scontato per alcuni esponenti di Sel. Tanto in Sardegna quanto nel resto d’Italia. E nella lista, almeno stando alle voci insistenti che filtrano dagli ambienti politici, c’è pure il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda.

Proprio l’altro giorno, insieme al senatore Luciano Uras, Zedda ha diffuso una nota nella quale ha ribadito che buona parte del partito isolano non seguirà il percorso indicato a Roma dall’assemblea nazionale (leggi qui). Ovvero il congresso costitutivo di Sinistra italiana (Si), dove con certezza confluiranno sia Vendola che il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni.

Zedda e Uras non partono però da una posizione di vantaggio: proprio a Sardinia Post, lo scorso 26 ottobre, il sindaco di Cagliari aveva assicurato di dare battaglia per evitare lo scioglimento di Sel (leggi qui). Ma la rivolta non è andata a buon fine, i vertici nazionali non sono tornati indietro. Ciò che, adesso, sta obbligando i due esponenti sardi di Sel a una posizione attendista.

Nel comunicato di sabato, infatti, Zedda e Uras parlano genericamente di “volontà a continuare il lavoro intrapreso e svolto come Sel Sardegna in questi anni nei Comuni, nella Città Metropolitana, nell’intera Isola“. Ma, se del caso, dovranno darsi un nome. Fondando magari un partito sul solco di quello spazio “democratico e progressista, identitario e sardista” a cui si è fatto accenno nella nota. Ma si tratta di uno spazio che solo dopo il referendum del 4 dicembre avrà contorni più chiari. Perché il voto sulla riforma costituzionale può rimescolare le carte nell’intero panorama politico nazionale, aprendo una rivoluzione anche nel Pd, se dovesse vincere il No. Con la prevalenza del Sì, invece, Renzi avrebbe mano libera per concludere la ‘renzizzazione‘ del partito. Anche guardando a Sel per portare dentro il Pd la sinistra più vicina a quella tradizionale e al momento interpretata dalla minoranza dem guidata a Miguel Gotor. Questa, però, è destinata a essere schiacciata, se il premier si rafforza.

Oltre alle posizioni di Uras e Zedda, in Sel Sardegna se ne ne individuano almeno altre due: una la esprime il segretario regionale Luca Pizzuto, l’altra il deputato Michele Piras. Per Pizzuto, che è anche consigliere regionale, “è urgente costruire un nuovo partito partendo da un’associazione isolana della sinistra, capace di raccogliere l’eredità politica di Sel ma di aprirsi anche alle esperienze del sovranismo, del cattolicesimo sociale, del mondo socialdemocratico e marxista”. Piras, invece, ha definitivamente confermato l’ingresso in Sinistra italiana. Il parlamentare lo ha fatto con una nota nella quale chiede, tuttavia, correttivi rispetto alla strategia iniziale. “Costruire una sinistra ancillare a Renzi – osserva – sarebbe un errore altrettanto grave quanto quello di dare vita a una formazione politica isolata, minoritaria e marginale. Ma esiste una terza via, che in tanti in Italia stiamo provando a percorrere e che passa anche attraverso la battaglia referendaria”.

A Pizzuto ha già replicato Uras, attraverso l’agenzia Ansa. Il senatore ha detto: “Costruire un partito nuovo è impresa difficile, oggi forse quasi improponibile, soprattutto se si pensa di ricalcare procedure obsolete, in una fase storica nella quale anche solo il nome ‘partito’ suscita diffidenza o addirittura sospetti. Forse – propone Uras – dobbiamo pensare a dare forza ad un’area culturale e politica di ispirazione democratica e progressista, promuovendo spirito unitario, dialogo produttivo, esperienze articolate di organizzazione su base tematica e territoriale”.

Vien da sé che un progetto simile non solo conferma l’attendismo che Uras ha deciso di abbracciare sino al referendum, per capire come si sviluppa il quadro politico nazionale. È poi evidente che le idealità, da sole, non garantiscono voti in assenza di un preciso contenitore politico verso cui orientare gli elettori in sostituzione di Sel.

Zedda e Uras, che si muovono all’unisono da mesi e mesi, detengono in Sardegna il grosso dei consensi e tutti concentrati a Cagliari e nell’hinterland. Vero è che un ingresso di Zedda nel Pd renderebbe orfano questo stesso bacino elettorale. Ma per un altro verso il sindaco del capoluogo, considerato un potenziale candidato alla presidenza della Regione, rischia di restare intrappolato in un limbo politico da basse percentuali se non trova una collocazione ben precisa. E appunto un nuovo partito.

Alessandra Carta
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