MULINU BECCIU E SU PLANU.
Il comitato “No diossina” ha già raccolto 330 firme
Rifiuti pericolosi bruciati nella notte vicino ai palazzi, i fumi che ammorbano l'aria. Ancora una volta. I residenti di Mulinu Becciu e Su Planu chiedono aiuto alle forze dell'ordine. L'ultima protesta è affidata a una lettera aperta del comitato “No diossina” che ha già raccolto 330 firme e indica la via per spegnere i roghi, una volta per tutte.
LE INDAGINI Seguire i rifiuti, capire da dove arrivano e rintracciare gli imprenditori che anziché smaltirli in base alla legge, li scaricano lungo la Statale 554. Di più. Le indagini, secondo i cittadini e gli attivisti del Gruppo di intervento giuridico che hanno fatto propria questa battaglia, dovrebbero coinvolgere anche coloro che mettono a disposizione i terreni per quei falò illegali.
ROGHI SOTTO LA LUNA La tregua è finita. Dopo la bufera giudiziaria che tra il 2011 e il 2014 determinò arresti e denunce per un traffico di rifiuti pericolosi nel vecchio campo rom lungo la Statale, nella notte i fuochi si accendono di nuovo. Fiamme che distruggono quel che non serve più, riducono in cenere plastica e altri scarti e salvano ferro, rame e tutto quel che può essere rivenduto. Su quella sorta di inceneritore abusivo si affacciano i palazzi di Mulinu Becciu e Su Planu, due popolosi quartieri abitati da famiglie che da anni lottano contro i roghi e le nuvole cariche di diossina che sotto la luna riempiono l'aria davanti alle loro finestre.
I BAMBINI Nell'ultima denuncia presentata alla magistratura viene riportata la stessa motivazione indicata in quelle che l'hanno preceduta, molti anni fa. Come dire: non è cambiato nulla o quasi. «Ciò che siamo costretti a respirare è diossina, una sostanza altamente tossica per l'uomo, in particolare per i bambini», è scritto nella lettera firmata dal presidente del comitato Antonio Guerrieri e in cui figura tra i primi sostenitori il nome di don Emanuele Mameli, il parroco della Madonna della strada.
PRIMA INCHIESTA L'inquinamento è certificato, nel 2012 il gip del tribunale di Cagliari ordinò il sequestro preventivo di un'area adiacente a quella utilizzata dai nuovi incendiari. Dopo le proteste, le indagini e i sigilli il campo rom in cui venivano accesi i roghi venne sgomberato. Non solo, perché l'inchiesta della Procura di Cagliari fece emergere un traffico di rifiuti pericolosi nel quale erano coinvolti dipendenti pubblici. In manette finirono un usciere della Regione, un funzionario del Provveditorato e un imprenditore. I tre uomini si era tuffati a capofitto nello smaltimento di vecchi computer di proprietà dell'ente regionale. Le misure cautelari si basavano sulle analisi disposte in seguito al sopralluogo fatto già dal 2009 dagli agenti della polizia municipale e di quelli del Corpo Forestale che fecero emergere le prove dalla cenere.
Le famiglie di Mulinu Becciu e Su Planu, le une accanto alle altre lungo la linea di confine tra il comune di Cagliari e quello di Selargius per un po' hanno ripreso una vita normale. Da qualche mese però le cose sono tornate come prima. Per questo, lo scorso aprile hanno dato vita a una petizione con una lettera indirizzata al prefetto e ai sindaci dei due comuni coinvolti. In appena sette mesi sono state raccolte centinaia di firme. «Questi fumi con il loro carico di veleni entrano non solo nelle nostre case ma nei polmoni dei nostri figli e dei nostri nipoti. Non è giusto».
LA DENUNCIA «Gli effetti dell'inquinamento ambientale si sono riversati per lunghi anni sul quartiere e sulle varie attività imprenditoriali della zona, con gravi rischi per la salute pubblica», dice Antonio Guerrieri. Il timore è che la storia si ripeta. ( m. c. )