Comuni in ritardo: quasi cento non hanno il Piano di assetto idrogeologico
per mettere l'Isola in sicurezza Quando le slide hanno mostrato sullo schermo come era Capoterra nel 1968, poi dieci più tardi, quindi, nel 1998, si è capito perché il nubifragio del 2008 risultò tanto tragico (quattro morti) quanto devastante. E lo stesso vale per Olbia, la cui crescita urbanistica selvaggia è andata avanti con canali tombati e costruzioni lungo gli argini dei corsi d'acqua, che di morti ne ha contato nove. Si è parlato di opere infrastrutturali per la riduzione dei rischi idrogeologici nelle aree maggiormente compromesse, tra gli altri argomenti, ieri mattina nell'Aula magna della facoltà di Ingegneria e Architettura di Cagliari, nel seminario “L'alluvione, le alluvioni. Memoria e azione”.
FIRENZE L'occasione per dibattere di temi che anche la Sardegna ha, purtroppo, avuto modo di conoscere, era rappresentata dalla ricorrenza del cinquantenario dell'alluvione di Firenze, la cui drammaticità è stata la spinta per un primo studio serio delle soluzioni che non possono non partire, comunque, dalla prevenzione. A fare gli onori di casa, oltre al rettore Maria Del Zompo, è stato Roberto Deidda, professore di Costruzioni idrauliche, marittime e idrologia dell'ateneo cagliaritano, che ha organizzato l'evento con il Consorzio interuniversitario per l'Idrologia e il Gruppo italiano di Idraulica.
I FENOMENI «Le risposte ai fenomeni alluvionali - ha detto il docente - possono essere di tipo strutturale e non strutturale. Noi siamo dei consulenti e mettiamo a disposizione le nostre competenze tecniche, il resto però spetta alla pubblica amministrazione». Che spesso, a quanto pare, non è altrettanto sollecita nelle risposte. Giusto per capire, dei 377 Comuni sardi poco meno di un centinaio, circa un quarto, non si è ancora dotato del Piano di assetto idrogeologico e, di conseguenza, del Piano di Protezione civile. La storia, insomma, sembra non aver insegnato granché. Tuttavia, bisogna anche ammettere che di passi in avanti ne son stati fatti e che la ricerca procede celermente.
STUDIO SULLE PIOGGE Per intendersi, il primo studio delle piogge in Italia risale al 1931 e per un altro approccio scientifico importante si è dovuto attendere quattro decenni. Oggi, attraverso le disposizioni comunitarie, Stato e Regioni si stanno dotando degli strumenti necessari per stabilire in anticipo, e con una certa precisione, quantità e qualità delle precipitazioni temporalesche nell'intero territorio. In Sardegna siamo un po' in ritardo.
PLUVIOMETRI «Attualmente abbiamo appena 92 pluviometri, gli strumenti che misurano l'intensità della pioggia - spiega Paolo Botti, direttore del Servizio previsione rischi e dei sistemi informati, infrastrutture e reti della Protezione civile - ma arriveremo a 300 entro il 2017 per avere una rete di monitoraggio in tutta l'Isola. È fondamentale per una previsione precisa e una valutazione dei rischi». Dal primo gennaio di quest'anno è operativo il Centro funzionale decentrato, ovvero l'emanazione regionale del Centro nazionale a cui è collegato, e fornisce “indirizzi operativi per la gestione organizzativa e funzionale del sistema di allertamento nazionale, statale e regionale per il rischio idrogeologico e idraulico”.
VARIABILI A preoccupare, sono diverse variabili. «Le responsabilità dei disastri dipendono molto dall'opera dell'uomo - ha detto Alberto Piras, direttore del servizio opere idriche e idrogeologiche dell'assessorato regionale ai Lavori pubblici - certo, credo che abbiano influito anche i cambiamenti climatici e l'incremento delle piogge. Ma noi non siamo in grado di sapere cosa è accaduto prima del 1920, non esiste una storia, una casistica precedente. Oggi noi pianifichiamo, studiamo le esigenze e cerchiamo di proporre soluzioni».
SOLUZIONI DI SPESA Già, le soluzioni. A leggere i numeri c'è da impressionarsi. Il Piano di gestione dei rischi da alluvione per la Sardegna comporterà la spesa di un miliardo e 687 milioni di euro per realizzare le opere infrastrutturali necessarie. Lavori che si protrarranno per molti anni perché per anni è stato fatto poco o nulla. Anzi, c'è stata quasi una gara per compromettere ulteriormente un territorio piuttosto provato.
«La Regione - ha ricordato Piras - ha speso oltre 700 milioni di euro nell'ultimo decennio. Nelle aree più critiche come Olbia, Capoterra, Villagrande, per citarne alcune, siamo riusciti ad avviare le opere con accordi di programma firmati con il ministero dell'Ambiente. Faremo tutti gli interventi, come a Pirri, che è diventato un problema di primaria importanza e che risolveremo con i 30 milioni di fondi disponibili da subiti».
Vito Fiori