Ricci d'allevamento. Come le ostriche o le spigole. A Cagliari si lavora a un progetto che potrebbe rappresentare il futuro della pesca: a Sa Illetta il consorzio ittico di Santa Gilla e l'università di Cagliari hanno allestito uno “schiuditoio” dove le uova - invece che finire sui crostini o sugli spaghetti - si trasformano in piccoli ricci.
L'impianto può produrne circa 100mila. Briciole rispetto ai consumi della Sardegna, che tra mercato regolare e abusivo avrebbe bisogno di una quantità cento volte superiore. Ma il sistema potrebbe essere sfruttato per ripopolare le acque dell'Isola, sempre più povere: l'allevamento va avanti per due-tre anni, ovvero il periodo in cui i ricci sono più vulnerabili, per proseguire la crescita in mare. Dove, per avere le dimensioni minime imposte per la raccolta, serve almeno un'età di cinque anni.
La Regione cerca di tenere sotto controllo il settore anche con altri metodi: «Il nostro lavoro è dedicato alla realizzazione di struttura di filiera, con la creazione delle organizzazioni dei produttori e con investimenti che saranno co-finanziati grazie ai fondi europei Feamp», spiega l'assessore all'Agricoltura Elisabetta Falchi. Si pensa a una sorta di censimento delle zone di pesca. Le preferite sono quelle dell'Oristanese, del Cagliaritano, di Sant'Antioco e di Alghero. «Per avere un quadro della situazione ancora più preciso e fedele, verrà anche finanziato un piano di monitoraggio delle zone di popolamento dei ricci di mare, per il quale pensiamo al coinvolgimento degli operatori», conclude l'assessore. (m. r.)