Il partito di Nichi Vendola si scioglie. L’altro ieri, a Radio1, lo ha annunciato il coordinatore nazionale Nicola Fratoianni ospite del programma “Un giorno da pecora“. Ma i sardi di Sel non ci stanno, a cominciare dal sindaco di Cagliari, Massimo Zedda. E seppure con vari distinguo, bocciano il progetto che prevede l’ingresso in Sinistra italiana (Si). Il congresso fondativo dovrebbe tenersi ai primi di febbraio, ma proprio sul punto Zedda osserva: “Prima serve il congresso di scioglimento dell’organizzazione da cui si proviene”.
Che Sel avesse i mesi contati, non è una novità. In Sardegna il dibattito sul destino del partito ha conosciuto il suo picco lo scorso luglio. Fu sempre Zedda a guidare quella iniziale ribellione a Sinistra italiana da primo firmatario di un documento regionale col quale si chiedeva l’espulsione di tutti i tesserati che avevano sottoscritto il progetto di Si. A Zedda replicò proprio Fratoianni che, dalle colonne di Repubblica, bollò la posizione dei sardi come una “rimozione psicologica” perché si criticava “la rottura dell’alleanza col Pd”, ma non le politiche di Matteo Renzi, “dal Jobs act alla riforma costituzionale passando per la Buona scuola o lo Sblocca Italia” (leggi qui).
Alle dichiarazioni di Fratoianni non seguì alcuna replica. La posizione del coordinatore nazionale sembrava aver messo a tacere quasi tutta Sel Sardegna, dal momento che il documento di Zedda lo avevano firmato pure il senatore Luciano Uras, l’assessore alla Pubblica istruzione, Claudia Firino, e i consigliere regionali Francesco Agus e Luca Pizzuto (quest’ultimo è il segretario sardo di Sel). Sulla linea Zedda anche il vicepresidente della massima assemblea sarda, Eugenio Lai, e il capogruppo Daniele Cocco, fino a quel momento distanti dal sindaco di Cagliari e più vicini al deputato Michele Piras, allora sostenitore convinto di Si e contro il quale il documento sardo sembrava essere confezionato.
Ma adesso pure Piras è schierato contro Fratoianni. Il parlamentare frena sull’ipotesi di confluire in Si, perché la nuova formazione politica “dà l’idea di rappresentare un ceto politico residuale e sradicato”, impegnato unicamente “a riprodurre se stesso, col rischio di espellere non solo la sinistra dalle aule parlamentari, ma anche di demolirne definitivamente la possibilità di trovare uno spazio e un senso compiuto”. Non che Piras abbia cambiato idea “sulla necessità di sciogliere Sel, e anzi dovevano farlo già dal 2013 – sottolinea -. Ma se l’alternativa è Sì, meglio rinviare la discussione a dopo il referendum”.
Nei piani di Vendola e Fratoianni, invece, il de profundis a Sel ha già un calendario: il 4 novembre è fissata la direzione nazionale, mentre due giorni è convocata l’assemblea nella quale verrà presentato il documento scritto da Vendola stesso. Il testo passerà poi nelle federazioni regionali per la discussione, trasferendo in qualche modo nei territori la fase congressuale, secondo un percorso che Zedda contesta reclamando un appuntamento nazionale ad hoc in cui mettere ai voti la decisione.
Le tappe verso la fine di Sel non piacciono nemmeno a Francesco Agus, il consigliere regionale più vicino a Zedda. Le ragioni sono identiche a quelle espresse dal sindaco. “È quanto meno strano – appunta Agus – sciogliere un partito senza fare un congresso. Per di più con la pretesa di confluire in una forza politica che tradisce lo stesso progetto di Sel, nato per stare nel centrosinistra. Non dico a ogni costo ma certamente con immutate ambizioni di governo. E noi – continua Agus – la fedeltà al percorso l’abbiamo dimostrata anche nelle ultime Amministrative, visto che a Sinnai Sel ha preso altre strade non accettando l’accordo col Pd perché alleato con gli ex An e l’Udc. Abbiamo rinunciato a uno schieramento spostato a destra e le urne ci hanno dato ragione (è stato eletto sindaco il candidato del partito Matteo Aledda).
Sullo scioglimento di Sinistra ecologia e libertà prende posizione pure il capogruppo in Consiglio regionale, Daniele Cocco. “A me – dice – risulta che Fratoianni sia in minoranza. Non prendo nemmeno in considerazione la possibilità che Sel smetta di esistere, perché servono i numeri per certificare una soluzione di questo tipo”.
Da questo momento in poi, i sardi di Sel non possono che abbracciare una posizione attendista, visto che tutte le riunioni si stanno svolgendo a Roma. Ma il destino di Sinistra ecologia e libertà non è un fatto irrilevante nello scenario politico regionale. Intanto per Zedda, sul quale si è detto più di una volta che il suo futuro potesse essere nel Pd, anche per via della sua vicinanza col premier Matteo Renzi. E lo scioglimento di Sel, se confermato, obbligherebbe il sindaco di Cagliari ad accelerare la propria scelta di campo.
La sensazione è che Zedda voglia rinviare il più possibile la decisione. Restare in Sel, del resto, lo libera dall’obbligo di allinearsi coi democratici. Esattamente come sta facendo col referendum del 4 dicembre, sul quale il capo della giunta cagliaritana si è limitato a dire l’altro giorno che gli piacciono “i sindaci-senatori“. Tema su cui, in passato, Zedda aveva assunto una posizione nettamente diversa del Pd in occasione di un’assemblea di Anci Sardegna. Era luglio 2014 e osservò: “Che i sindaci al Senato siano indicati dal Consiglio regionale, mortifica l’autonomia degli stessi primi cittadini e degli enti locali (leggi qui).
Questa, però, è ancora un’altra storia. Forse anche meno importante per Zedda che sull’appartenenza a Sel ha costruito la sua fortuna politica: alle primarie del 2011 riuscì nell’impresa di battere il Pd, cioè che gli valse, insieme ai colleghi di Milano e Genova, Giuliano Pisapia e Marco Doria, l’appellativo di sindaco arancione. Un “posizionamento strategico” che la scomparsa di Sel mette a rischio. E Zedda non sembra disposto a perderlo.
Al. Car.
(@alessacart on Twitter).