Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Province, nuovi tagli: altri 43 milioni al governo

Fonte: La Nuova Sardegna
25 ottobre 2016

 

Non hanno più un euro in cassa, ma il referendum potrebbe resuscitarle


di Luca Rojch


SASSARI. Una manovra quasi impossibile e crudele, un po’ come levare la pelliccia all’ultimo panda rimasto sulla terra. Ma al governo, affamato di oboli per far quadrare i conti, non mancano la creatività e il coraggio. Così per le povere Province, sulla carta estinte, arriva la mazzata finale. Dovranno versare nelle casse romane altri 43 milioni di euro. Un’operazione che sembra destinata a portarle al collasso. La Finanziaria varata da Renzi prevede di rastrellare ancora qualcosa dai resti delle Province, che tra il 2015 e il 2017 hanno visto arrivare 340 milioni di euro in meno. Una parte soldi non più trasferiti dallo Stato. Ma Roma sempre più affamata ha deciso di imperio di portare via dalle casse degli enti intermedi anche i soldi che prima venivano incamerati dalla Rcauto. Senza l’unico vero introito le Province hanno iniziato una lunga agonia finanziaria.
La loro esistenza formale era stata cancellata con un referendum regionale. A cui, a dire la verità, viene complicato dare seguito. Perché le Province, abolite con un referendum regionale, devono esistere secondo la Costituzione. Su questo grande equivoco si innesta il governo, che ha trovato un utile bancomat per le sue manovre.
La delibera. L’ultima stangata è arrivata con la Finanziaria. Via altri 43 milioni nel 2017, che si aggiungono ai 102 già previsti. L’assessore Cristiano Erriu non ha potuto che prendere atto e dare l’incarico agli uffici di dividere i 43 milioni per le Province. Il conto si fa in tempi rapidi. Tutto distribuito in modo proporzionale. Alla Citta metropolitana di Cagliari cancellati 12,4 milioni di euro, alla Provincia di Sassari 13,5 milioni, al Sud Sardegna 12,5 milioni a Nuoro 4,3 milioni, a Oristano 1,1 milioni. «Come Regione continuiamo a sostenerle – spiega Erriu –. Loro hanno una finanza, a differenza di quella dei comuni, che ormai dipende solo da noi. Prima avevano la quota Rcauto, ma il governo da tempo si è preso in pratica tutto. Loro sopravvivono solo grazie al Fondo unico regionale».
Agonia per asfissia. In altre parole le quattro Province storiche, che hanno inglobato le quattro regionali, devono dividersi gli 80 milioni di euro del Fondo unico. Soldi della Regione che finiscono quasi tutti in stipendi e per far funzionare la macchina.
Dipendenti dimezzati. La Regione ha già iniziato a prendere le contromisure. Dopo il referendum che le ha cancellate, sulla carta, i dipendenti sono passati da 2mila a 1100. Ma si potrebbe aprire anche la prospettiva della mobilità, concordata con i sindacati, per alcuni di loro.
Il paradosso. In realtà l’assessore Erriu non può dirlo, ma ha ereditato la madre di tutti i pasticci. La cancellazione delle Province è tutta virttuale. Solo il referendum costituzionale del 4 dicembre le cancellerà, se vince il sì. In caso contrario la matassa istituzionale diventerà inestricabile.
La riforma zoppa. La Regione ha già tracciato in modo chiaro quale sarà il futuro. Le Province saranno sostituite dalle Unioni dei Comuni, almeno nelle loro funzioni, dalla Citta e dalle Reti metropolitane. Ma il passaggio si rivela complicato. I Comuni devono trovare uno slancio associativo e una forte coordinazione. «Per questo aiutiamo questo processo – spiega Erriu –. La Regione fa da guida, dà sostegno e cerca di favorire la creazione e la crescita delle Unioni dei comuni. Loro assorbiranno i dipendenti delle Province. Ma perché vengano trasferiti, e con loro anche le risorse e i compiti, devono realizzare la pianta organica del personale». In Sardegna ci sono 40 Unioni dei Comuni e sono tutti senza la pianta organica. Si deve creare anche una cultura di collaborazione. I sindaci si devono convincere a rinunciare a una piccola parte di sovranità sul proprio territorio per trasferirla all’Unione. E con essa anche qualche dipendente. Perché mentre i Comuni hanno il blocco delle assunzioni e ogni tre pensionamenti può entrare a lavorare un giovane, nelle Unioni il rapporto è uno a uno. In altre parole le amministrazioni potrebbero potenziare con questo sistema la propria pianta organica.
La rivoluzione non può attendere. Le risorse sono sempre meno e le Province, sempre più in affanno, iniziano a non riuscire più a tenere testa ai troppi interventi. In alcuni casi, come per la Provincia di Nuoro, diventa difficile anche chiudere il bilancio. E l’emergenza si percepisce nella vita quotidiana, scuole senza manutenzione, strade sempre più dissestate, servizi essenziali che diminuiscono. Anche la creatività dei commissari inizia a venire meno. A Oristano da tempo hanno investito in cartelli che impongono la velocità massima a 30 all’ora. Non ci sono soldi per intervenire sulle strade. Più facile mettere un cartello che indica la velocità massima a 30 all’ora. Con poche decine di euro si sistema la viabilità.
Le immortali. Ma nella testa dell’assessore Erriu c’è anche un’immagine, che forse anche lui cerca di cancellare. «Beh se al

Referendum costituzionale vincesse il no – spiega – le Province resterebbero e io sarei costretto a convocare le elezioni Provinciali, con l’elezione di secondo livello». Uno schiaffo alle idee di riforma, e la rivincita delle Province immortali.
@LucaRojch