Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Efisio Melis, l'eroe del primo maggio

Fonte: L'Unione Sarda
29 aprile 2009

Il cagliaritano oggi 82enne ricorda la gita in barca con la moglie per la festa del patrono

Nel 1952 salvò venti naufraghi nelle acque di Giorgino

Efisio Melis rievoca quel primo maggio di 57 anni fa: «Sapevo nuotare bene».
Dice che un aiuto dall'alto, mentre ripescava uno a uno i naufraghi davanti alla laguna di Santa Gilla, ci sarà pure stato. In fondo era primo maggio e quel nome scritto sulla carta d'identità, Efisio, non poteva essere solo una coincidenza. «Però anche saper nuotare bene mi è servito, forse non avrei salvato così tante persone».
1 MAGGIO 1952 Efisio Melis quel giorno del 1952 aveva compiuto da poco 25 anni, una moglie incinta di sette mesi che stava per mettere al mondo la prima di tre figli e una gita in barca in programma. C'era da festeggiare il patrono della Sardegna: in mare, di fronte a Giorgino, dove era appena terminata, come da 352 anni a questa parte, la processione del santo. Ottantadue primavere, trentacinque anni di onorato servizio alle dipendenze del Comune («ho fatto di tutto: dal netturbino al custode dei mercati»), ricorda con precisione invidiabile i dettagli di un pomeriggio di oltre mezzo secolo fa, che ogni tanto riaffiora nei sogni, durante la notte. «Una splendida giornata di sole, faceva molto caldo», racconta ora protetto da un inseparabile cappello grigio, che toglie solo durante le presentazioni di rito.
LA GITA IN BARCA «Avevo deciso di andare a fare una gita in barca con moglie, cognata e nipote. Eravamo in tanti, era una gita organizzata, avevamo pagato un biglietto. Quando stavamo per ormeggiare di fronte al ponte della Scafa, si avvicinò un'altra barca: un ragazzo saltò per venire da noi e i passeggeri, spaventati dal movimento, si spostarono tutti da una parte». È un secondo: il piccolo peschereccio si ribalta, venti persone finiscono in acqua. «Mi ricordo ancora quella sensazione: sentivo le mani di tanta gente addosso, mi tiravano giù. Per fortuna il mare non era molto profondo: ho toccato la sabbia, mi sono dato una spinta e sono riuscito ad arrivare in superficie. Sentivo solo le voci che ripetevano: Efisio! Efisio». Due-tre metri d'acqua: abbastanza per far andare nel panico tutti i passeggeri. Efisio Melis pensa prima alla moglie: la prende per la camicetta e la trascina sino a riva. Poi si rituffa: uno, due, dieci persone in salvo.
IL RICORDO «Sapevo nuotare bene. Sono nato a Sant'Elia, nel vecchio borgo. Mio padre faceva il pescatore, ho insegnato a tanti bambini come stare a galla. Ho sempre affrontato il mare, senza paura». E quella volta il mare fece paura davvero: «Due giovani donne morte e nove feriti», titolava L'Unione Sarda del 3 maggio '52, con tanto di intervista all'eroe-Efisio. «Qualche anno prima era successa la stessa cosa: si era ribalta una barca proprio lì di fronte». Dopo aver salvato insieme ad altri ragazzi oltre venti persone, Melis corre in ospedale, dove era stata accompagnata la moglie. «Un carabiniere fermò un taxi e disse all'autista di accompagnarmi. Volle a tutti i costi che pagassi la corsa, anche se ero completamente bagnato e stavo andando da mia moglie: ero preoccupato perché era incinta. Alla fine gli diedi mille lire, le trovai nel taschino». Soldi che qualche giorno dopo tornarono indietro, con gli interessi: «Mi chiamò la padrona dei taxi, per restituirmi le mille lire: aveva letto la mia storia sul giornale e si volle scusare. E poi molte persone che avevo salvato mi cercarono per ringraziarmi, qualcuno mi diede anche una ricompensa che accettai: sa, in quegli anni non c'erano tanti soldi».
L'APPELLO Ora l'eroe («sì, un po' mi sento così, non lo nego») di Sant'Efisio, avrebbe un desiderio: «Vorrei sapere se qualche persona, tra quelle che ho salvato, è ancora viva: mi farebbe piacere incontrarli, chissà se si ricordano».
MICHELE RUFFI

29/04/2009