Rassegna Stampa

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Nei ghetti dell’accoglienza: il report sulle strutture sarde per migranti

Fonte: web sardiniapost.it
21 ottobre 2016

Nei ghetti dell’accoglienza: il report sulle strutture sarde per migranti

Strutture isolate e lontane dai trasporti pubblici, donne, bambini e uomini che vivono in promiscuità, letti ammassati uno accanto all’altro senza rispetto per la privacy, e ancora bagni allagati e pericolanti, pasti inadeguati, infermerie improvvisate dentro stanzoni: l’accoglienza dei migranti in Sardegna non regala proprio immagini felici e serene. Il sistema è al collasso, e all’occorrenza ci si arrangia come si può: ex discoteche, ex ristoranti, ex agriturismi, in mancanza di centri adeguati tutto va bene per concorrere ai bandi delle prefetture e ospitare per 35 euro al giorno gli stranieri che cercano asilo in Italia.

La triste fotografia sulla situazione dei centri di accoglienza nell’Isola e nel resto dell’Italia è stata scattata tra giugno e agosto dagli attivisti di LasciateCIEntrare, campagna nata nel 2011 per contrastare una circolare del Ministero dell’Interno che vietava l’accesso ai giornalisti nei centri per migranti e sostenuta, tra le altre, dalle associazioni A Buon Diritto, Carta di Roma, Cgil Nazionale, Cittadinanzattiva, Fnsi e Odg, Antigone. Strutture straordinarie e governative, hotspot, centri di identificazione ed espulsione sono finiti sotto la lente di ingrandimento di decine di persone, cittadini comuni, giornalisti, politici, associazioni, avvocati che per il quinto anno consecutivo hanno effettuato ispezioni, interviste e verifiche in tutto il paese. Un anno fa anche SardiniaPost aveva partecipato alla campagna con la visita dentro il Cara di Elmas.

Il report, presentato il 31 luglio e aggiornato ieri con nuovi dati, racconta di una situazione drammatica e talvolta ai limiti della legalità. A cominciare dalla trasparenza: non esiste, a oggi, un elenco ufficiale e aggiornato delle realtà che attualmente ospitano gli stranieri in Sardegna. Sul permesso di entrare nei centri con la campagna LasciateCIEntrare, poi, il silenzio: nessuna risposta a email e telefonate dalla Prefettura di Sassari, mentre il consenso da Cagliari è arrivato solo in agosto, mesi dopo la richiesta, e comunque solo per il Cas (Centro accoglienza straordinario) gestito dalla Caritas a Quartu Sant’Elena. Su 9 richieste di visita, solo una è stata autorizzata. La squadra di attivisti ha comunque raggiunto diverse strutture tra Sassari e Cagliari, pure senza il nulla osta dei prefetti, incontrando operatori e ospiti. Impossibile invece l’accesso all’ex Motel Agip di via Santa Maria Chiara, 300 posti e diversi episodi critici negli ultimi mesi, o a Narcao e Solanas, dove si sono registrati proteste e malumori.

Se la gestione dell’accoglienza è buona a Quartu nella struttura dove opera la Caritas, è invece preoccupante in provincia di Sassari. Qui esistono quattro Cas: l’ex ristorante Caravel nella zona industriale di Predda Niedda, l’ex discoteca Kiss Kiss sulla Ss 131 al km 224 nel comune di Porto Torres, l‘ex Tribunale dei Minori di Sassari, (da cui è nata anche una squadra di calcio di richiedenti asilo, la asd Pagi, qui raccontata da Michele Spanu), e l’Hotel Porto Pozzo, a Santa Teresa di Gallura.

Nell‘ex ristorante l’unico locale adeguato sembra essere la cucina, per il resto si trova in una zona “fortemente degradata e lontana dai centri abitati – dice il rapporto – se si escludono le residenze di cittadini di origine cinese che lavorano nei capannoni circostanti. Strade senza asfalto, carcasse di auto bruciate, cani randagi, cumuli di rifiuti sono la scenografia di questo angolo alle porte della città”. All’interno, il 20 giugno giorno della visita, si trovavano un centinaio di uomini, tra cui alcuni minori, e una sola donna: è l’ultima di un gruppo di nigeriane che, come raccontano alcuni attivisti della zona, ha abbandonato il centro per entrare nel giro della prostituzione. L’uscita esterna delle stanze da letto si affaccia su un terrazzo senza protezioni e pericolante.

Non va meglio nell’ex discoteca Kiss Kiss, ora gestita dalla Janas International: gli ospiti dormono nella grande sala che ha ospitato negli anni passati un night club, con i letti a castello ammassati in un angolo e nessuna finestra a illuminare l’ambiente. “Non sono stati notati riadattamenti della struttura da luogo di divertimento a struttura residenziale – scrivono ancora gli operatori di LasciateCIEntrare –  nell’enorme pista da ballo gli angoli un tempo dedicati ai ‘privè’ sono utilizzati dagli ospiti per consumare i pasti, in altri ci sono accatastati divanetti e tavolini”. L’ex discoteca si trova a poche centinaia di metri dalla principale strada statale dell’Isola, ma gli ospiti lamentano la distanza eccessiva da Porto Torres e Sassari; raggiungere le fermate dei mezzi pubblici poi è pericolosissimo perché bisogna attraversare la statale con auto che sfrecciano a tutte le ore. Problemi di spostamento anche nelle altre due strutture del Sassarese: gli ospiti di Porto Pozzo, ad esempio, passano anche ore in attesa del bus che li porterà a Santa Teresa di Gallura, il centro più vicino; raccontano poi che i loro bambini sono costretti ad andare a scuola a piedi camminando ai bordi di una strada provinciale senza marciapiede.

In generale poi la Sardegna si distingue per una accoglienza non regolare dei minori stranieri non accompagnati: “Sono molteplici e ‘normali’ i centri con minori ed adulti in promiscuità, un vero abominio considerando che gli enti locali dovrebbero garantire l’accoglienza di Msna in centri idonei e con numeri bassi, per garantire che i singoli vengano effettivamente seguiti e tutelati”.

“Il quadro che emerge dal monitoraggio in Italia – scrivono i responsabili della campagna LasciateCIEntrare – evidenzia un sistema quasi al collasso, privo di una politica di medio e lungo termine, in cui il business e la periferizzazione dei luoghi di accoglienza sembrano costituire un fronte unico, un immenso parcheggio per esseri umani. Lo spaccato è quello di un sistema nel quale fioriscono ghetti destinati ad alimentare soltanto la frustrazione e la rassegnazione, anticamera di pratiche di sfruttamento legale o meno, mentre le istituzioni continuano ad operare in un clima emergenziale e contemporaneamente cercano di rassicurare l’opinione pubblica affermando che l’accoglienza in Italia è sotto controllo”.

In chiusura, il report ricorda come è mutata l’identità dei migranti che approdano nel nostro paese: “A fronte di una sostanziale identica quantità di richiedenti asilo giunti in Italia rispetto al 2015, è cambiata la composizione dei beneficiari di accoglienza e si sono inasprite alcune problematiche. Sono pressoché esauriti gli arrivi di cittadini siriani, tanto per interruzione della rotta balcanica quanto per effetto degli accordi fra UE e Turchia siglati a marzo 2016. Le rotte di chi, provenendo, dall’Africa Sub Sahariana, si è ritrovato a partire dalle coste libiche hanno risentito fortemente dei venti di guerra civile tuttora in atto nel paese. Sono ricominciate a ripartire invece navi dall’Egitto, con rotte più lunghe e rischi maggiori. Il naufragio del 26 settembre 2016, passato pressoché sotto silenzio nei media italiani dove il numero dei morti recuperati supera i 200 e molti sono ancora i dispersi, ne è durissima e recente testimonianza. Le proposte finora messe in atto per affrontare questa situazione di crisi umanitaria hanno clamorosamente fallito”.

Francesca Mulas