Il ministro: l'Isola ha un grande brand da lanciare nei mercati internazionali
I Giganti di Mont'e Prama: «In altri Paesi richiamerebbero centinaia di migliaia di persone». Le ferrovie storiche: «In Sardegna avete quelle a scartamento ridotto, io col Trenino verde sono arrivato fino a Sorgono, attraversando posti spettacolari». Perfino il Cagnulari: «Ogni volta che vado a Usini, il paese di mia moglie, mi arrabbio perché penso che il vino non sia valorizzato quanto merita».
La Sardegna non è solo mare. Ma manca ancora la consapevolezza e bisognerebbe affinare «un brand per lanciare l'Isola a livello internazionale», dice Dario Franceschini, ministro del Turismo e dei Beni culturali, due settori condannati ad andare a braccetto «perché la cultura è la carta fondamentale per rendere più competitiva la nostra offerta turistica». Il 2016 ha registrato una crescita ulteriore rispetto ai numeri - già buoni - del 2014 e 2015, anche grazie al ritorno dei viaggiatori italiani, che si sono aggiunti quelli stranieri.
LE PROSPETTIVE E i prossimi anni promettono ancora meglio: «Il turismo internazionale continuerà a crescere. Ma aumenterà la competizione e dobbiamo farci trovare preparati. Solo la Cina in futuro potrebbe assicurare un flusso di 400 milioni di viaggiatori ogni anno e non dobbiamo dimenticarci che l'Italia, tra le mete europee, è la preferita», ha ricordato il ministro, ospite del convegno di presentazione dello studio sul turismo sardo firmato dalla Srm (Studi e ricerche sul Mezzogiorno, costola di Intesa Sanpaolo), in collaborazione con Confindustria Sardegna.
TURISMO SOSTENIBILE Dopo la cultura, l'altro mantra di Franceschini è la sostenibilità: «Avete presente la Spagna e le Baleari, che molto spesso vengono indicate come termine di paragone? Se si costruiscono decine di alberghi sulla costa è chiaro che aumentano le presenze, ma si consuma il territorio. Noi dobbiamo puntare su un turismo che rispetta l'ambiente e valorizza la bellezza, non la distrugge». Scommettere su cibo e tradizioni: «Sarebbe un modo per spostare il flusso turistico dalle coste, dove è concentrato ora, verso il centro. Diversificare l'offerta», sottolinea Franceschini, «serve anche per aiutare la destagionalizzazione», un concetto ancora semisconosciuto nell'Isola dove l'81 per cento degli arrivi si concentra tra maggio e settembre, mentre il resto d'Italia riesce a spalmare meglio le presenze (solo il 57 per cento è legato ai mesi estivi) nell'arco di tutto l'anno.
AEROPORTI Non manca il riferimento ai trasporti e alla creazione «di un sistema aeroportuale integrato, con tre aeroporti che facciano capo sostanzialmente a una sola società», punto su cui tutti, nell'Auditorium di Intesa Sanpaolo, hanno convenuto: dal padrone di casa Pierluigi Monceri - direttore regionale dell'istituto bancario - fino al presidente di Confindustria Alberto Scanu.
IL REFERENDUM Concordia scomparsa quando il ministro, uscendo dall'aula di viale Bonaria, ha parlato del referendum costituzionale di dicembre: «Rimanendo nel campo del turismo, votare Sì risolverebbe il problema della frammentazione della promozione turistica in venti regioni e rafforza il potere dello Stato nella promozione e internazionale». Le parole sono rimbalzate in pochi minuti fino al Consiglio regionale, dove l'opposizione ha visto nel teorema franceschiniano una minaccia all'autonomia sarda: «È la dimostrazione che dietro la riforma della Carta costituzionale si cela la volontà di spogliare la Sardegna della sua libertà, riportando tutto il potere decisionale a Roma e rendendoci più periferia di quanto già non siamo», ha spiegato il capogruppo dei Riformatori Attilio Dedoni.
LA POLEMICA SUL VOTO Concetto ribadito e rinforzato dal coordinatore regionale di Forza Italia Ugo Cappellacci: «Se mai ci fosse stato qualche dubbio, le parole del ministro Franceschini confermano che con la riforma e il referendum Renzi persegue un disegno centralista, che mortifica l'autonomia e i territori, sostenuto da una giunta pseudo-sovranista». Parole a cui ha replicato il consigliere regionale del Partito democratico Franco Sabatini: «Dispiace sentire le affermazioni dell'ex presidente della Regione che interpreta l'articolo 117 del nuovo testo costituzionale in modo del tutto strumentale. Se Cappellacci si fosse soffermato sull'articolo 39, avrebbe scoperto che le disposizioni non si applicano alle Regioni ad autonomia speciale fino alla revisione dei rispettivi statuti sulla base di intese con le stesse regioni. Sarà questo il terreno di confronto dove potremo misurare il livello della nostra autonomia con una proposta del Consiglio Regionale che rinnovi e rinsaldi le ragioni storiche della specialità».
Ma per Cappellacci «il fatto che la clausola di supremazia sia solo transitoriamente inattiva e che entri in gioco in una fase successiva conferma, non smentisce, che si tratta di un cavallo di Troia».
Michele Ruffi