LUNEDÌ, 27 APRILE 2009
Pagina 20 - Nazionale
di Roberto Paracchini
Il ministero dei Beni culturali ha inserito la necropoli tra i siti di maggiore pregio
CAGLIARI. Oltre cinquecento persone hanno visitato l’altro ieri l’area di Tuvixeddu aperta al pubblico. Da alcuni mesi a questa parte la necropoli punico romana è uscita dai libri di storia e di archeologia per diventare una delle mete preferite dai cagliaritani e dal dibattito cittadino. La querelle che si è sviluppata, pur con toni accesi e di forte contrapposizione in questi ultimi due anni, ha avuto come controparte (sarà forse per l’astuzia della ragione?), un rafforzato impegno delle associazioni ambientaliste e di molti archeologi per la riscoperta pubblica della necropoli.
La direzione regionale del ministero dei Beni culturali, in collaborazione con Legambiente, ha inserito Tuvixeddu nell’elenco dei siti di particolare pregio culturale visitabili in città durante la «Settimana della cultura», con l’intento di promuovere maggiormente la conoscenza dei valori paesaggistici e culturali della zona. Le visite dell’altro ieri hanno avuto inizio intorno all’area archeologica di viale Sant’Avendrace, davanti alla Grotta della Vipera.
L’affluenza è stata maggiore del previsto, tant’è che Legambiente ha dovuto intensificare la cadenze delle visite: ogni venti minuti partiva un gruppo di interessati, accompagnato dalle guide, nei luoghi visitabili e più significativi della necropoli (vico I, vico II, vico IV Sant’Avendrace) per «osservare un paesaggio archeologico ferito ma ricco di tanta suggestione». Alla fine della mattinata, Legambiente ha registrato 530 persone che «con la loro presenza hanno voluto manifestare l’impegno per salvare l’area e sollecitare ulteriori iniziative per realizzare il grande parco culturale su tutto il colle».
La storia più recente delle vicende del colle racconta di una proposta fatta da Paolo Maninchedda (Psd’az, presidente della commissione regionale al Bilancio) per acquisire il colle: cinquanta milioni più «un po’ di permute». L’ipotesi ha riaperto il dibattito in quanto Maninchedda ha espresso il suo progetto all’interno della commissione di cui è presidente. «Mi sono convinto - aveva affermato nel suo sito il consigliere del Psd’az - che l’unica via d’uscita per la questione Tuvixeddu è acquistare le aree. Ormai tutti i tribunali della terra hanno sanzionato le scelte della precedente Giunta Soru, che pretendeva di acquisire le aree sostanzialmente espropriandole». Da cui la convinzione che «se noi realmente vogliamo estendere il parco archeologico alla totalità delle aree, abbiamo una sola strada: fare un’offerta e trattare». Da qui la richiesta di Maninchedda «al capogruppo Giacomo Sanna e al gruppo intero di fare un emendamento al Bilancio per accantonare una cifra intorno ai 50 milioni di euro tra la finanziaria 2009 e la finanziaria 2010 per permettere alla Regione di acquistare l’area. Con una scorta finanziaria di questo tipo e un po’ di permute, a mio avviso, si riesce a soddisfare tutti i proprietari».
La storia dell’odissea di Tuvixeddu racconta di un contenzioso che dura da due anni: tra la Regione, da un lato, e la Coimpresa e il Comune, dall’altro. Tutto è iniziato da un accordo di programma firmato, nel 2000, dallo stesso governo dell’isola (di allora), dall’ente locale del capoluogo e dai privati. L’oggetto riguardava una «lottizzazione integrata» sui colli di Tuvixeddu (dove si trova la necropoli punico romana più grande del Mediterraneo) e Tuvumanno. L’intesa prevedeva: 23 ettari di parco archeologico naturalistco per la necropoli e una serie di edificazioni (400 in tutto) da realizzare in un’altra parte di Tuvixeddu, 263 in via Is Maglias e 140 a Tuvumannu (il colle già quasi del tutto scomparso per le lottizzazioni). L’intesa del 2000 teneva conto sia degli interessi del Pubblico (il Comune voleva riqualificare l’area e dimezzare un debito pregresso, per espropri irregolari, rilevato dalla Coimpresa), che del privato che avrebbe guadagnato dalla vendita degli appartamenti.
Col passare degli anni, alla sensibilità ambientale si è aggiunta quella paesaggistica, ratificata dal Codice Urbani del 2004, che dà al paesaggio un valore «culturale non commercializzabile». Non solo difesa dell’ambiente, quindi, ma tutela del paesaggio come sedimentazione del vissuto di chi vi abita. Il che significa che assumono valore anche le aree morfologicamente compromesse (a Tuvixeddu le cave hanno creato il canyon). Indicazioni contenute anche nel ppr (piano paesaggistico regionale). Da queste premesse partì l’intervento della Regione, deciso nel 2007 col primo blocco dei lavori. Ma la Coimpresa e il Comune (che aveva appaltato sia i lavori per il parco, che quelli per la nuova viabilità - era prevista una strada anche all’interno del canyon) fecero ricorso. E sia il Tar che il Consiglio di Stato gli diedero ragione rilevando gravi irregolarità (formali e sostanziali) negli atti della Regione. Poi si seguironi altri cotenziosi legali (più marginali e che non hanno modificato la situazione), sino ad arrivare alla proposta di Maninchedda.
Intanto che alla Regione va avanti l’istruttoria legata all’ipotesi del consigliere sardista, Legambiente e gli ambientalisti insistono, come la goccia cinese, con iniziative continue volte alla ceazione di un parco su tutto il colle.