Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Semen il contadino sale sulla locomotiva della Grande Storia

Fonte: La Nuova Sardegna
23 aprile 2009

GIOVEDÌ, 23 APRILE 2009

Pagina 37 - Cultura e Spettacoli






GABRIELE BALLOI

CAGLIARI. Aprendosi, il sipario mostra un treno già deragliato in partenza. Di cosa è metafora? Del fallito regime sovietico? D’un qualsivoglia sistema totalitario? Delle passioni ideologiche, di tutte le rivoluzioni e di qualunque velleitarismo politico? Comunque sia, è stata questa la scelta del regista Yuri Alexandrov, e realizzata da Semyon Pastukh, per l’impianto scenografico del «Semën Kotko» di Prokofiev, l’opera che ieri al Comunale ha inaugurato sia il IX Festival di Sant’Efisio che la nuova Stagione operistica e di balletto del Lirico, in diretta Euroradio su Rai RadioTre, e il cui ricavato verrà devoluto in favore dell’Abruzzo.
Tutto quindi pare svolgersi su un intrico di binari. A questo, difatti, si sovrappone perfettamente l’intreccio di vita e morte fra i vari personaggi. Ma gli elementi a intersecarsi sono molteplici: amore e odio, patriottismo e tradimento, coraggio e viltà, onore e disonore, humour e tragedia. Intanto, le vicende avanzano sempre con ritmo incalzante, simili a una locomotiva.
Forse non a caso, Alexandrov ha deciso addirittura di ricreare gli ambienti domestici dentro a un vagone. Insomma, come direbbe Kundera, “nessuno può scendere dal treno della Storia”. E così avviene per il contadino Semën che, terminato il servizio militare, fa rientro al suo villaggio e reagisce all’occupazione tedesca, avvenuta in Ucraina nel 1918, facendosi partigiano e vincendo sia nemici che collaborazionisti russi.
A tutto ciò si incrocia, come le rotaie nella scenografia, la storia d’amore tra Semën e Sofja, ostacolata dal padre di lei, Tkacenko, che vorrebbe darla in moglie al possidente Klembovskij.
È nel 1936, appena tornato in Russia, che Prokofiev (lui pure ucraino) inizia a lavorare ad un nuovo soggetto, tratto dalla novella «Sono figlio del popolo lavoratore» di Valentin Kataev.
Con quest’ultimo scrive il libretto, accettando contemporaneamente i consigli di un amico e abile uomo di teatro, quale Vsevolod Mejerchold che, arrestato e ucciso per le sue posizioni estetiche (ritenute antisocialiste), non potè dirigere il debutto dell’opera, tenutosi nel’40. A incrociarsi in effetti furono anche le idee opposte di Kataev e Mejerchold: il primo voleva un melodramma di stampo tradizionale, pensando a Verdi o Bizet; il secondo suggerì un taglio più sinfonico e prosaico, più realistico e fluido, che non spezzasse l’azione in arie e recitativi.
Prokofiev, tenendo a mente Mejerchold, alla fine realizzò un “montaggio” alquanto scorrevole, così ottenendo un senso di vivace continuità: 48 brevi scene (ciascuna non più lunga di due o tre minuti), raggruppate in 7 quadri e 5 atti. Il risultato, come nota bene Francesco Lora nel libretto di sala, è di “un taglio novecentesco e cinematografico, anziché ottocentesco e melodrammatico”.
Per quest’allestimento, coprodotto col Teatro Mariinskij di San Pietroburgo, sul podio del Lirico c’è Alexander Vedernikov. La sua è una direzione brillante, dai colori fiammeggianti, che sottolinea splendidamente contrasti timbrici e di fraseggio, soprattutto quando Prokofiev gioca sulla sovrapposizione/contrapposizione di dialoghi e accadimenti, creando una vera e propria polifonia d’azione drammaturgica.
Il cast è piuttosto buono. Il Semën di Mikhayl Gubsky, dalla voce squillante e nitida, è perfetto, un eroe passionale ma impacciato, che non sempre sa agire con equilibrio, pertanto squisitamente “umano”. Accattivante e umoristica la Sofja di Tatiana Pavlovskaya, sensuale nella voce, curiosa a momenti nell’indisciplinata gestualità, quasi da maschiaccio. Borioso e tonante, come giusto che sia, il Tkacenko del basso Gennady Bezzubenkov, di vocalità piena e tumultuosa, sa tenere molto bene la scena.
Convincenti poi anche Olga Savova nel ruolo di Frosja, la sorella di Semën, resa come una fanciulla candida e virtuosa; o la Ljubka di Irina Loskutova, stupenda nella sequenza dell’ossessivo, allucinato lamento in cui piange la morte di Carëv, interpretato da un discreto Viktor Chernomortsev. Anche il Coro del Lirico, preparato da Fulvio Fogliazza, ha dato un’ottima prova, specialmente nei due grandiosi finali del terzo e del quinto atto. Le repliche saranno il 24, 26, 28, 30 aprile, il 2 e 4 maggio.
Nel foyer di platea del Comunale, fino aL 7 giugno, gli appassionati di musica potranno anche visitare l’interessante mostra di arti visive «Piccolo Atlante della Sardegna - La collezione Soddu-Tanda», un organico ed articolato percorso espositivo di una parte della collezione attualmente di proprietà del Comune di Benetutti. Si tratta di opere d’arte sarda contemporanea, realizzate da differenti artisti: da Leonardo Boscani a Aldo Tilocca, Pastorello, Pietro Sedda, Gaetano Brundu, Josephine Sassu, Rosanna Rossi, Ermanno Leinardi e Maria Lai.