Storie di donne fuggite dall'orrore
Capalbio è lontana centinaia di chilometri. E, soprattutto, dista un'eternità sul piano della civiltà. La cittadina maremmana, buen retiro della sinistra snob italiana, è andata in fibrillazione alla notizia dell'arrivo di un gruppo di profughi. Il quartiere cagliaritano di Villanova, una delle “roccaforti rosse” cagliaritane (quando esistevano le circoscrizioni esprimeva una maggioranza di centrosinistra) ha, invece, idealmente abbracciato i migranti che, da circa un mese, vivono in un appartamento nei pressi di piazza San Domenico. L'arrivo di quella ventina di persone, quasi tutte donne, non ha minimamente infastidito i residenti. Che, anzi, subito si sono impegnati per dare una mano: addirittura, è nata una chat su whatsapp destinata allo scambio di informazioni sulle necessità delle rifugiate arrivate in città. Una mobilitazione spontanea, quasi commovente: nel giro di pochi giorni è stata debellata la scabbia perché sono stati raccolti tantissimi tubetti della pomata che combatte il parassita.
E le migranti, finalmente, si sono sentite trattate da esseri umani: nei giorni immediatamente successivi all'arrivo a Cagliari trascorrevano le ore davanti all'uscio di casa. Ora si muovono, magari vanno in piazza San Domenico e fanno due chiacchiere tra loro o con i residenti del quartiere. Per loro è un modo di ritornare alla vita, per i cagliaritani un tuffo nell'orrore. Perché nelle loro parole ci sono vicende terribili. I racconti delle donne dovrebbero essere ascoltati da chi puntualizza la differenza che esiste tra migranti economici e migranti politici. «Mi hanno emarginata dopo essere stata violentata», racconta una ragazza. Un'altra donna, in compagnia della giovanissima figlia, sorride dopo aver visto l'inferno quando attendeva di imbarcarsi dalla Libia. Ma il suo è un sorriso amaro. «In quel momento siamo state separate da mio marito. Ancora non so che fine abbia fatto». Nell'attesa, la figlia, appena quindicenne, gira con un quadernone: “come ti chiami?”, “quanti anni hai?”, “da dove vieni?”, “buongiorno, buonasera”. Non vuole perdere tempo, visto che è in Italia sogna di bruciare le tappe e imparare velocemente la lingua del paese che la ospita. «Mi trovo bene qui, sì, mi piacerebbe restare in questa città», dice mentre sfodera un sorriso a trentadue denti.
Capalbio è davvero lontana. I residenti di Villanova, anche quelli che stanno nel quartiere da una vita, non manifestano alcun fastidio per la presenza dei nuovi vicini. E, visto che la permanenza dei migranti potrebbe essere prolungata, preparano una serie di iniziative (dalle lezioni di italiano a pranzi solidali) per integrarli nella loro nuova realtà. ( mar. co. )