Sardegna più vecchia e più spopolata: nel 2015 i morti superano i nati nell’88,6 per cento dei comuni, persi più di 5000 abitanti. Lo rivela lo studio che racconta l’Isola attraverso i dati delle migrazioni da e verso la Sardegna: ‘Analisi dei flussi migratori e dello spopolamento in Sardegna nel 2015’ presentato nel corso dell’appuntamento annuale delle Acli ‘Sardegna migrante’ che si è tenuto questa sera a Ussaramanna. I dati più recenti descrivono una Sardegna sempre più vecchia. L’Isola infatti durante il 2015 ha perso oltre 5 mila abitanti (-5.148) e il trend negativo si conferma anche per i primi tre mesi del 2016 (al 31 marzo si è registrata una perdita di 1100 abitanti). Le nascite diminuiscono, la popolazione invecchia e muore, molti vanno via per studiare o lavorare senza tornare indietro, gli immigrati arrivano ma o non si trattengono in Sardegna, e se rimangono non fanno figli. La Sardegna, quindi, perde abitanti.
Il saldo naturale (differenza tra nati e morti nell’anno) è stato fortemente negativo: -5.446 unità. Lievemente positivo invece il saldo migratorio (differenza tra emigrati e immigrati nell’anno): +298 unità. Al 31 dicembre gli immigrati in Sardegna sono 47.425 (il 55 per cento sono donne tra i 25 e i 40 anni), in percentuale il numero è sempre basso (+2,8).
Saldo naturale in rosso nel 2015 per tutte le province sarde, senza eccezioni. Sono andate molto male infatti Cagliari (-1.240), Sassari (-1.045) e Oristano (-975). Cagliari è al primo posto per saldo naturale negativo con -857 abitanti, è seguita da Sassari con -282 e Alghero con -160. Segni più per quanto riguarda Olbia che dove si contano 252 abitanti in più, seguita da Sestu con +140 e Uta +52. Se invece ci si sofferma ai saldi naturali dei piccoli comuni in percentuali il peggiore nel 2015 è stato Tadasuni con -3,7 per cento, seguito da Magomadas -2,95 e Giave -2,74. Per quanto riguarda il saldo migratorio il comune peggiore è Assemini con -356, seguito da Quartu Sant’Elena con -149 e Nuoro -130. Mentre in valori assoluti a Cagliari il saldo migratorio si è registrato con un +839, Olbia con +493 e Castelsardo +208. Cagliari e Sassari hanno recuperato qualcosa grazie ai flussi migratori, ma il numero degli immigrati non è bastato a riportare in attivo i numeri. Se si considera sia il saldo naturale sia quello migratorio, si può notare che nel 2015 solo la Gallura ha guadagnato residenti: +418. Tutte le altre province sono andate in rosso, da Nuoro (-1.335) e Oristano (-1.043) al Sulcis (-795) e Medio Campidano (-821). Mentre per quanto riguarda i comuni i dati sono allarmanti. Nel 2015, in 334 comuni su 377 (l’88,6%) i morti hanno superato i nati: un dato particolarmente preoccupante e in continua ascesa negli ultimi anni. I comuni sardi sotto i mille abitanti sono ormai 122 (32,4%), mentre quelli sotto i trecento abitanti ammontano a 18.
Se si parla di emigrazione, i sardi residenti all’estero sono 110 mila. L’80 per cento di loro come meta sceglie l’Europa, in particolare Germania, seguita dalla Francia e dal Belgio, mentre tra i paesi extra Ue la Svizzera si aggiudica il primo posto, seguita dall’Argentina e dagli Stati Uniti d’America.
“Un trend che supera in maniera negativa quello degli anni scorsi anni”, ha spiegato Mauro Carta, presidente delle Acli di Cagliari. “Vengono confermati una serie di fattori soprattutto nei piccoli ma anche nei grandi comuni”. Per contrastare il fenomeno negativo, secondo le Acli, “bisogna fare una politica sulla famiglia, e quindi agevolazioni per chi ha uno o più figli. È uno dei programmi regionali che può invertire la rotta”. E dato che le risorse regionali sono poche, le Acli della Sardegna hanno messo in piedi un progetto per analizzare la situazione di ogni singolo comune e proporre alla Regione delle politiche nei settori della famiglia, abitazione, piccole-medio imprese e creare opportunità che potrebbero migliorare la situazione. “Un modo per sperimentare il processo che non arriva dall’alto”, spiega Carta. “Stiamo cercando di coinvolgere una serie di comuni, Ussaramanna è tra questi, se non si vogliono fare grandi programmi perché le risorse sono poche, allora proviamo a sperimentare prendendo un campione dei comuni più colpiti. Stiamo scrivendo ai sindaci che vogliono aderire a questo progetto sperimentale e insieme a loro vogliamo studiare quali sono le cause di questi fenomeni, ci aspettiamo che aderiscano una decina di comuni entro la fine dell’anno, lo facciamo con risorse nostre e attività di volontariato, se l’idea sarà valutata positivamente potrà essere una buona prassi e spendibile nel territorio regionale”.
Monica Magro