Tutti li vedono, eppure sono invisibili. Il problema è sempre di altri. Interverrà la Asl e porrà un problema di salute pubblica, di sicuro; la prefettura farà la sua parte e risolverà una questione di sicurezza, certo. Ma nulla cambierà: altri rifugiati stenderanno materassi sul marciapiede e urineranno nelle aiuole finchè Comune e Regione non si assumeranno la responsabilità di quel che succede davanti alle loro prestigiose sedi.
Quei giovani buttati in piazza sono la fotografia dell'incapacità politica, per non dire il disinteresse, che segue allo slancio della prima accoglienza. I ragazzi che sognano un futuro lontano da strutture dove possono solo oziare hanno il diritto di voler andare altrove, e protestare bloccando il traffico o dormendo sotto i portici. Spetta alle Istituzioni far rispettare le regole dopo aver pensato, progettato e messo in pratica azioni di reale inclusione. Che si traducono in un'offerta di istruzione per i più giovani, di formazione professionale per gli adulti.
Se il dormitorio di piazza Matteotti non è dignitoso per i migranti lo è ancor meno per la città che, dopo averli soccorsi, dice di ospitarli. Tollerare che qualcuno possa vivere in quel modo è razzismo. Guardare e passare oltre è razzismo. Non denunciare le condizioni di vita di quei giovani è razzismo. E non vale dire: potrebbero dormire negli edifici profumatamente pagati dallo Stato con i fondi dell'Unione europea (quei soldi in realtà vanno ad alimentare un mercato capace di arricchire gli speculatori). No. Comune di Cagliari e Regione non possono accontentarsi per quei giovani di un alloggio che odora di prigione: servono politiche di autentica integrazione. Ora, subito. E piazza Matteotti restituirà alla città la dignità perduta.
M. Francesca Chiappe