Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Quattrocento tombe senza tutela

Fonte: La Nuova Sardegna
21 maggio 2008

Sardegna

La necropoli punica minacciata dal cemento

Quattrocento tombe senza tutela

Fuori dai confini dell’area archeologica sul colle




MAURO LISSIA
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CAGLIARI. Il sovrintendente archeologico Vincenzo Santoni era stato categorico: i nuovi vincoli per notevole interesse pubblico sul colle di Tuvixeddu non sono giustificabili perchè dal 1997 ad oggi nell’area della necropoli punica non è stato trovato null’altro di significativo. Santoni è stato il solo, fra i nove componenti la commissione per il paesaggio nominata dall’amministrazione Soru, a votare contro l’imposizione dei vincoli legati al Codice Urbani. E il suo dissenso, per l’autorevolezza della funzione, ha pesato anche sul giudizio del Tar: cancellati i vincoli, largo alle ruspe. Ora - a dieci giorni dalla sentenza definitiva del Consiglio di Stato - emergono realtà che sembrano smentire clamorosamente la tesi di Santoni e al di là degli aspetti che interessano la giustizia amministrativa confermano che l’iniziativa della Regione aveva fondamento: secondo i dati forniti dalla dirigente della sovrintendenza archeologica Donatella Salvi tra il 1997 e il 2007 sono state scoperte 1166 sepolture, di queste 622 si trovano all’interno del parco archeologico e sono state scavate tra il 2004 e il 2007. Ma il dato clamoroso, che dimostra quanto fossero giustificati i timori dell’assessorato regionale ai beni culturali, degli ambientalisti e delle decine di intellettuali cagliaritani che da anni si battono contro la cementificazione del colle punico, è un altro: 113 tombe sono state localizzate tra il 1999 e il 2007 oltre i confini del parco archeologico, nello spazio destinato nel progetto a parco urbano attrezzato. Infine altre 431 tombe intatte si trovano al di là dei confini dei due parchi, come dire lontano centinaia di metri dal sito in cui dovrebbe trovarsi, circoscritta con chissà quali criteri, la necropoli punico-romana.
Questi dati dimostrano chiaramente che l’area dei colli non è stata mai realmente indagata: con una scelta oggi inspiegabile la sovrintendenza archeologica ha dato un sostanziale via libera all’intervento immobiliare di Iniziative Coimpresa senza aver maturato la certezza che gli edifici progettati, in buona parte palazzi, non avrebbero cancellato definitivamente una parte importantissima dell’area cimiteriale, sbriciolando tombe, resti umani millenari e corredi funebri. A distanza di decenni dai primi rilievi, la sovrintendenza non sapeva e sicuramente non sa ancor’oggi quale sia la reale estensione della necropoli e nei carteggi che riguardano il ‘caso’ Tuvixeddu non c’è alcuna traccia di studi magnetometrici e di test di scavo sulle aree dei colli, neppure su quelle vicine malgrado siano espressamente previsti proprio in quell’accordo di programma dell’agosto 2000 che ha aperto la strada all’intervento immobiliare.
Ma non è finita: le 431 tombe non sono venute alla luce in seguito a scavi sistematici degli archeologi, ma soltanto come conseguenza di interventi edilizi, tutti molto pesanti, compiuti col benestare della sovrintendenza. E si trovano, cartografie alla mano, in aree tutelate da vincolo diretto: assolutamente inedificabili. Sembra esserci quanto basta per certificare la leggerezza con cui il problema-Tuvixeddu è stato affrontato nel corso degli anni, leggerezza che viene denunciata nei ricorsi presentati al Consiglio di Stato da Legambiente, Italia Nostra, Wwf e dall’Avvocatura dello Stato, impegnati a smantellare una sentenza, quella del Tar Sardegna, che potrebbe essere ineccepibile sul piano delle formalità giuridiche ma forse è ancorata a dati degni di ulteriori verifiche. D’altronde i riscontri dello stile con cui è stata gestita anche la fase realizzativa del piano Tuvixeddu sono significativi: le strutture progettate all’interno dei due parchi pubblici, la cui costruzione è stata affidata dal comune di Cagliari a un’impresa specializzata, sono risultate fuorilegge al primo controllo. Un controllo compiuto dal Corpo Forestale ma non dalla sovrintendenza, che non si era accorta di nulla: al posto di sottili fioriere in cemento destinate a circoscrivere - ora si può dire arbitrariamente - l’area archeologica sono comparse enormi muraglie di pietre, ben al di fuori delle misure stabilite nel progetto esecutivo. La Procura della Repubblica - che indaga il capo dell’urbanistica comunale Paolo Zoccheddu e altre tre persone con diversi livelli di responsabilità sui lavori - ha sequestrato il sito e procede per violazione delle norme ambientali. Altre verifiche sono in corso sulle aree vicine, come quella dell’impresa Raimondo Cocco - una delle controparti della Regione nel giudizio del Consiglio di Stato - dove un palazzo di sei piani è stato fermato prima che oscurasse definitivamente decine di tombe pregiatissime, sul viale Sant’Avendrace. Strano a dirsi: a cedere parte dell’area all’impresa era stato il comune di Cagliari.