MERCOLEDÌ, 15 APRILE 2009
Pagina 2 - Cagliari
Il presidente della commissione regionale al Bilancio propone l’acquisto dell’area
Apertura dell’amministratore di Coimpresa Giuseppe Cualbu: «Ascolteremo e valuteremo»
CAGLIARI. Cinquanta milioni e «un po’ di permute», per avviare una trattativa per acquisire tutto il colle di Tuvixeddu. Questa la proposta lanciata sul suo sito da Paolo Maninchedda, consigliere regionale del Psd’az e presidente della commissione Bilancio della stessa assemblea. «Mi sono convinto - afferma Maninchedda - che l’unica via di uscita per la questione Tuvixeddu è acquistare le aree. Ormai tutti i tribunali della terra hanno sanzionato le scelte della precedente Giunta Soru, che pretendeva di acquisire le aree sostanzialmente espropriandole».
Tar e Consiglio di Stato hanno annullato gli atti presi dal governo guidato da Renato Soru e relativi al blocco dei lavori su Tuvixeddu. E «adesso se ne sta occupando la magistratura penale - afferma Maninchedda - tuttavia, se noi realmente vogliamo estendere il parco archeologico alla totalità delle aree, abbiamo una sola strada: fare un’offerta e trattare». Il consigliere Sardista, anticipa nel suo sito, che proporrà «al capogruppo Giacomo Sanna e al gruppo intero di fare un emendamento al Bilancio per accantonare una cifra intorno ai 50 milioni di euro tra la finanziaria 2009 e la finanziaria 2010 per permettere alla Regione di acquistare l’area». Un passo che il presidente della commissione Bilancio spera sblocchi la situazione: «Con una scorta finanziaria di questo tipo e un po’ di permute a mio avviso, si riesce a soddisfare tutti i proprietari. Meglio il museo a cielo aperto di Tuvixeddu che lo spreco del Betile».
Per la Coimpresa, interessata alla lottizzazione integrata su Tuvixeddu (parco nell’area archeogica e costruzioni in un’altra parte del colle, in via Is Maglias) si tratta di un cambio di rotta da parte della Regione: «Finalmente - precisa Giuseppe Cualbu, amministratore della società (che fa capo al gruppo di famiglia guidato dal padre Gualtiero) - ci troviamo di fronte a un atteggiamento che propone e non impone. Da parte nostra ascolteremo e valuteremo».
L’ultimo capitolo della storia risale all’accordo di programma del 2000, firmato da Regione, Comune e Coimpresa per la realizzazione della lottizzazione integrata accennata. A quell’intesa si era arrivati passando anche tramite un serrato confronto con l’opinione pubblica, cominciato dagli anni Novanta del secolo scorso. Periodo in cui venne presentata la prima ipotesi di intervento della Coimpresa (con una cubatura iniziale doppia dell’attuale). L’accordo di programma è un istituto che permette, appunto, accordi pubblico-privato nel reciproco interesse. Quello del Comune era: ottenere un parco naturalistico archeologico in un’area da decenni abbandonata, riqualificare la zona con una serie di servizi e ridurre l’onere di un pesante contenzioso perso (di cui la Coimpresa aveva acquisito i diritti) per un vecchio esproprio irregolare. In cambio veniva data al privato e nell’ambito di un progetto di riqualificazione urbana, la possibilità di edificare quattrocento alloggi residenziali in via is Maglias: 260 a lato di Tuvixeddu e gli altri di Tuavumannu. Il tutto con una modifica del piano regolatore di allora. E la Regione mediò sui finanziamenti per il parco coi vari programmi.
Gli ambientalisti e molti archeologi (guidati dall’accademico dei Lincei Giovanni Lilliu) chiesero sin dagli anni Novanta l’allargamento del vincolo di inedificabilità a tutto il colle, lamentando la presenza edilizia, che non insiste sulla zona archeologica, ma su un’area che a questa richiama come territorio complessivo (il colle). Poi nel 2004 c’è stata l’approvazione del Codice Urbani, la legge nazionale che norma i beni culturali e che, tra le altre cose, precisa il concetto di bene «paesaggistico» come valore non commercializzabile. Una conquista che arricchisce la nozione di «ambiente» anche coi valori storici del vissuto che producono il paesaggio. Un qualcosa che ridà dignità al territorio trasformandolo anche in luogo di memorie e di significati simbolici, che sedimentano pure in aree morfologicamente compromesse (vedasi, ad esempio, le cave di Tuvixeddu). Dopo le sentenze del Tar e del Consilgio di Stato, la Regione ha proposto una trattativa ipotizzando 15 mioni di euro e, come compensazone, una serie di permute (si parlò della caserma Ederle e di di edifici militari dismessi in viale Colombo). La Coimpresa ribadì che si dialoga sulla base di «indennizzi adeguati» e non di «compensazioni su cui non si sa nemmeno quando si potrà costruire», lamentando anche che non cerano «atti formali».
Da parte sua il sindaco Emilio Floris, dopo aver fatto, come la Coimpresa, opposizione al Tar e vinto, chiese che il Comune, «come previsto dal Codice Urbani», venisse «maggiormente coinvolto» e auspicò una «trattativa vera».
Ora nella proposta fatta da Maninchedda che, non va dimenticato, è presidente della commissione al Bilancio, la Coimpresa intravede «un segnale importante e di mutato atteggiamento da parte dell’amministrazione regionale - sottolinea Giuseppe Cualbu - un fatto che, inequivocabilmente, riconosce i diritti acquisiti e si pone su una posizione paritetica che apre le porte al dialogo. Noi ascolteremo e valuteremo. Si tratta di un modo corretto di porsi, mentre nel passato si era tentato di mettere noi in una posizione di debolezza per poi costringerci a trattare in posizione di inferiorità».
Maninchedda ha aperto una porta, chiesta anche da tutti i movimenti ambientalisti: trattative per l’acquisizione di tutto il colle.