A Cagliari la protesta davanti alla Regione di Sarrabus, Sarcidano e Barbagia
Forse c'era un po' meno ombra in piazza del Carmine - gli operai del Comune hanno sfrondato gli alberi e ricavato quintali di legna - ma alle mille e passa persone arrivate da Sarrabus Gerrei, Barbagia di Seulo e Sarcidano, non è sembrato importare un granché. Avevano la loro missione da compiere: dimostrare alla Regione che quei territori sono contrari a ridimensionamenti e chiusure di reparti negli ospedali di Muravera e Isili. Diciannove fasce tricolori, compresa quella indossata dal commissario di Villasalto, a guidare un corteo di giovani, meno giovani, anziani, disabili, volontari. Una piccola marea umana che nessuno si aspettava. E che ha attraversato via Roma, costretta all'ennesimo blocco stradale, per raggiungere il palazzo della Regione tra il fragore di trombe, fischi e slogan urlati incessantemente.
Don Andrea Piseddu, parroco di Ballao, era su uno dei pullman noleggiati per l'evento: «Non possono negare alla gente il diritto alla salute, un presidio sanitario deve esserci. Da noi ci sono molti dializzati, hanno necessità di assistenza». Ennio Quaresima, presidente dell'Avocc di Villaputzu: «Sappiamo cosa significhi trasportare un paziente al San Marcellino (l'ospedale di Muravera, ndr ) anziché a Cagliari, è una questione di sicurezza». Piero Mattana ed Elena Pilia, della Consulta Anziani di Muravera: «Siamo quelli che hanno più bisogno di un ospedale vicino a casa».
Mentre da un pulpito improvvisato, Fabio Barbarossa, medico di famiglia, spiega che l'isolamento del Sarrabus è dovuto a due strade, una di queste, la 125, mai finita, la folta pattuglia dei primi cittadini viene accolta all'ingresso del palazzo da Giorgio Oppi, ex assessore regionale alla Sanità e ora semplice componente della commissione. Qui il tempo si è davvero fermato.
Barbarossa, intanto, arringa la folla: «Se vogliamo che la Sardegna rinasca, dobbiamo essere uniti e finirla con la guerra tra poveri». Claudia Zuncheddu, medico militante, aggiunge: «Chiudono le strutture pubbliche e finanziano quelle private, basta pensare all'ospedale Mater Olbia. E poi ci rovinano la salute costruendo inceneritori e aumentando a dismisura l'inquinamento: ribelliamoci». Tra i manifestanti, anche Valerio Cicalò, ex magistrato ora in pensione, che è tornato nella sua Isili: «È una battaglia giusta per un territorio che non deve morire». A mezzogiorno, il sindaco di Muravera annuncia che l'incontro è stato l'inizio di un discorso. «Non pretendevamo che la Regione tornasse indietro. Ci rivedremo il 22 aprile, noi il segnale l'abbiamo dato».
Vito Fiori