Sardegna e trivelle, cinque risposte sul referendum
Domenica 17 aprile i cittadini italiani saranno chiamati al voto per il "referendum sulle trivellazioni". Dunque urne aperte anche in Sardegna, ecco sei domande e risposte utili sul voto.
Chi ha proposto il referendum?
Il referendum è stato proposto dai Consigli regionali di Sardegna, Basilicata, delle Marche, del Molise, della Puglia, dell’Abruzzo, del Veneto, della Calabria, della Campania e della Liguria. Le dieci regioni avevano proposto sei quesiti referendari riguardanti le autorizzazioni a progetti di ricerca ed estrazione di idrocarburi nel mare, tema che nella semplificazione comune è ricondotto al termine generico di "trivellazioni". A cinque dei sei quesiti proposti, il Governo ha provveduto a dare risposta con modifiche legislative. Dunque rimane valido soltanto l'ultimo quesito proposto dai Consigli regionali sul quale gli elettori dovranno esprimersi.
Cosa riguarda?
La denominazione del referendum, riportata sulla scheda di votazione, è:
Divieto di attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in zone di mare entro dodici miglia marine. Esenzione da tale divieto per i titoli abilitativi già rilasciati. Abrogazione della previsione che tali titoli hanno la durata della vita utile del giacimento.
Il testo del quesito che gli elettori troveranno sulla scheda invece è: "Volete voi che sia abrogato l'art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, "Norme in materia ambientale", come sostituito dal comma 239 dell'art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 'Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilita' 2016)', limitatamente alle seguenti parole: "per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale?".
Tradotto, agli italiani si chiede: “Volete che, quando scadranno le concessioni, vengano fermati i giacimenti in attività nelle acque territoriali italiane anche se c’è ancora gas o petrolio?”. Si tratta delle trivellazioni, già in corso, entro le 12 miglia dalla costa ma non quelle oltre tale distanza che non sono oggetto di referendum.
Cosa succede se vince il Sì?
Una vittoria del sì dirà che le trivellazioni in corso non saranno prorogate oltre il termine delle concessioni, pertanto le trivellazioni non potranno continuare fino ad esaurire il giacimento. La chiusura delle attività in corso cesserebbe progressivamente in base ai termini e alla durata della contratto di estrazione. Nessun impianto si trova nei mari della Sardegna.
Cosa succede se non viene raggiunto il quorum oppure vince il No?
Di fatto, la stessa cosa. Per la validità del referendum abrogativo è necessaria la partecipazione alla votazione da parte della maggioranza degli aventi diritto. Votando No, sì manifesta la volontà di mantenere in vigore la norma attuale. Dunque le attività estrattive già in corso potrebbero continuare, se richiesto, fino all'esaurimento del giacimento di gas o petrolio.
Gli schieramenti.
A livello locale, in Sardegna, è nato il “comitato per il sì”. Ad appoggiarlo il presidente del Consiglio regionale, Gianfranco Ganau (Pd) e il capogruppo di Forza Italia Pietro Pittalis: "La consultazione popolare – ha dichiarato il presidente Ganau – deciderà sul futuro energetico del nostro Paese. Il percorso intrapreso insieme agli altri nove Consigli regionali, promotori del referendum, nasce per riaffermare con forza la legittima prerogativa delle regioni, quella di poter decidere sul destino dei propri territori e comunità". Secondo Pittalis si deve sventare “il tentativo di speculazione ad opera delle grandi società petrolifere a danno delle coste della Sardegna e lanciare col nostro voto un monito forte e chiaro al Governo: è finito il tempo dello Stato centralista che decide sulla testa e sulla pelle dei sardi”.
Diversa la posizione del presidente della Regione, Francesco Pigliaru. Si recherà alle urne ma voterà No. Ha spiegato la sua posizione con un post su facebook, nel quale riduce la portata dell'esito referendario. “Credo - scrive - che sia ragionevole consentire che i pochi impianti oggi attivi possano continuare l’estrazione fino all’esaurimento dei giacimenti”.