Dieci aprile 1991. Due navi entrano in collisione a due miglia dal porto di Livorno: una ospita 38 persone, si salvano tutte; l’altra 141, ne uscirà viva una sola. Perché? Venticinque anni dopo la tragedia della Moby Prince, i parenti delle vittime non hanno smesso di chiederselo. Rivedono i filmati di repertorio, la carcassa del traghetto diretto a Olbia con trenta sardi a bordo dopo l’incendio devastante, i corpi carbonizzati. Riascoltano i mayday che un quarto di secolo fa nessuno ascoltò: “Stiamo aspettando, qui nessuno viene ad aiutarci”. Pensano ai morti, che non smisero di respirare subito, ma dopo ore di agonia, mentre i soccorsi si concentrarono tutti sulla petroliera Agip Abruzzo.
Oggi, alla commemorazione organizzata nel palazzo del Municipio a Cagliari per il 25esimo anniversario della strage, Luchino Chessa, figlio del comandante della Moby e presidente dell’Associazione 10 Aprile-Familiari Vittime Moby Prince, ha la voce rotta. Nella sala consiliare è stato appena trasmesso “Buonasera, Moby Prince”, documentario inedito della Tgr Sardegna curato dal giornalista Paolo Mastino. Ci sono anche altri parenti. Indossano una maglia rossa con dietro la scritta “verità e giustizia su Moby Prince”. C’è il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda (“speriamo che dal porto delle nebbie si arrivi a un porto di verità e giustizia”), c’è l’assessore regionale Cristiano Erriu, in rappresentanza della Giunta (“ricordo bene dove mi trovavo quando appresi la notizia”). E ci sono i tre senatori sardi che fanno parte della commissione parlamentare d’inchiesta sulla Moby Prince: il presidente Silvio Lai (Pd), Emilio Floris (Fi) e Luciano Uras (Sel).
“Questa commissione è l’ultima spiaggia, l’ultima occasione per avere chiarezza – spiega Luchino Chessa – venticinque anni dopo è aumentata la rabbia, ma anche la determinazione”. Tuttavia qualcosa si muove, come testimonia il senatore Lai: “Abbiamo deciso, in questa fase, di focalizzare l’attenzione sui fatti di quella notte”. Sul momento della collisione in mare, innanzitutto. “Su questo, in particolare – sottolinea il presidente della commissione – abbiamo chiesto una consulenza a un corpo militare mai coinvolto sinora, la Marina della Guardia di finanza. E al Ris di Parma di indagare su ciò che avvenne all’interno dell’imbarcazione”. Quindi una promessa dello stesso Lai: “in caso di fallimento, chiederemo al Governo di cercare la verità, con la stessa determinazione che dimostra oggi sul caso di Giulio Regeni”.
“Stiamo ascoltando chiunque voglia offrire una testimonianza su quella notte”, ha dichiarato Silvio Lai. Stamattina, dopo la proiezione di “Buonasera, Moby Prince”, il senatore del Pd ha annunciato che il video verrà acquisito dalla commissione come strumento d’indagine. “Ci sembra importante – ha sottolineato – soprattutto in relazione a una vicenda caratterizzata dalla nebbia e dalla volontà di non dire tutto”. L’organo parlamentare è attivo da tre mesi. “Siamo stati a Livorno, città che sente il peso di questa tragedia, e la gente è stata molto disponibile – ha spiegato il presidente della commissione – Poi abbiamo analizzato tutte le parti processuali, le inchieste giornalistiche e abbiamo parlato con i pm”. Alla fine, ha sottolineato Lai, è emerso che “certe importanti testimonianze non sono mai state prese in considerazione e che alcune strade sono rimaste inesplorate”.
In questo momento, ha chiarito il senatore, “abbiamo deciso di concentrarci sulla meccanica della collisione in sé, e su questo abbiamo chiesto a un corpo militare mai coinvolto sinora, la Marina della Guardia di finanza, di fornirci una relazione tecnica”. Non solo. “I carabinieri del Ris di Parma – ha precisato Lai – hanno l’incarico di ricostruire ciò che avvenne all’interno della Moby Prince”. In attesa dei risultati, la commissione andrà avanti focalizzando l’attenzione sulla questione soccorsi: “Come mai personale anche esperto dell’equipaggio non è riuscito in qualche modo a salvarsi?”, si chiede il parlamentare sardo. Il senatore dem ha ammesso di “sentire forte la responsabilità che ha la commissione di fare chiarezza sui fatti tragici di quella notte”, e ha precisato che “se non dovessimo riuscirci noi, chiederemo al Governo di farlo. Perché così si comporta già, con determinazione, e giustamente, sul caso di Giulio Regeni. Noi chiederemo che nemmeno i 140 morti di venticinque anni fa siano dimenticati”.
(Foto di Roberto Pili)