Autore: Sergio Atzeni il 03/04/2016 16:07
Nel 1949 si decisero i destini del Poetto
In quel periodo non si avevano le idee chiare sul suo futuro e anche raggiungere la spiaggia non era facile per la precarietà dei collegamenti pubblici e la mancanza di auto private
Oggi che il Poetto è stato riqualificato e i cagliaritani si riversano in massa come una volta per frequentarlo, raccontiamo di quando i nostri amministratori decisero di dare un indirizzo per niente legato al futuro turistico. Si puntò infatti su un destino residenziale mettendo in vendita i lotti per edificare civili abitazioni senza pensare a incentivare invece i servizi e le strutture ricettive.
Questo nonostante anche allora d’estate, ma non solo, i cagliaritani invadessero la spiaggia e la strada che la costeggia facendo intravedere le potenzialità di quel lungomare già in quel lontano 1949.
A fine anni quaranta, il litorale del Poetto era formato da un ampio arenile la cui sabbia formava delle dune che dolcemente declinavano verso la battigia.
Gli stabilimenti balneari del Lido e del D’Aquila ospitavano i bagnanti “bene”, mentre la spiaggia libera era meta della folla dei meno fortunati, economicamente s’intende. L’Ausonia, già colonia marina, era adibita a residenza provvisoria dei senzatetto, che non si sentivano certo in vacanza, anche perché non era piacevole passare l’inverno in spogliatoi estivi.
Erano anni duri, non esistevano seconde case e, per moltissimi, neanche la prima, andare al mare non era facile per la precarietà dei collegamenti pubblici e la mancanza di auto private. Si pensava di collegare con un tram diretto il nuovo e popoloso quartiere di San Benedetto con la spiaggia, ma non esistevano binari di raccordo nella disastrata piazza Amendola che il Genio Civile doveva ancora sistemare ed il progetto venne provvisoriamente accantonato.
Nel litorale non esisteva un telefono pubblico in quanto la società Teti, che gestiva il servizio telefonico, aveva grandi difficoltà per la posa dei cavi necessari ed il Comune era in lista di attesa, come ogni cittadino, per ottenere l’allaccio.
Di fronte agli stabilimenti, oltre la strada, fatiscenti quanto pittoresche baracche-ristorante in legno, offrivano pasti a base di pesce e frutti di mare a prezzi convenienti e l’odore classico di cucina ed il vociare dei commensali fuoriusciva dagli ingressi caratteristici segnati da archi di lampadine multicolore. Colpiva, durante l’estate, l’animazione notturna con una folla di passeggianti, formata dai residenti nei casotti e da coloro che raggiungevano il litorale per combattere la calura.
Forse per favorire la costruzione di nuove abitazioni e per far diventare il Poetto un vero e proprio quartiere, il consiglio comunale decise, nel 1949, di lottizzare l’entroterra e metterlo in vendita a prezzi veramente interessanti.
Le aree in prima fila, rispetto agli stabilimenti, costavano 1000 lire al metro quadro, quelle in seconda 800 lire, le altre solo 600 lire; l’eventuale acquirente doveva impegnarsi a costruire entro due anni dalla stipula del contratto.
Nell’area antistante il D’Aquila erano previsti villini che sorgeranno su terreni di 400 o 700 metri quadri, mentre nella zona davanti al Lido dovrà nascere un albergo, la sede dell’A.C.I., due giardini pubblici ed un ampio spazio destinato a parcheggio. A lato dell’ippodromo, dato il frazionamento in piccoli lotti, sorgeranno mini appartamenti. Il nuovo piano regolatore del litorale prevedeva una strada di accesso, alle spalle delle nuove costruzioni, dove saranno spostate le linee tranviarie in sedi sopraelevate e realizzata una pista ciclabile ed ampi marciapiedi.
Poiché il Poetto, nelle intenzioni, doveva diventare una vera città balneare, era prevista la costruzione di negozi, servizi ed una chiesa oltre una terrazza pubblica a mare destinata a tutti i cittadini. Le richieste per i lotti arrivarono a centinaia ed i funzionari del Comune faticavano non poco per le assegnazioni, destreggiandosi tra raccomandazioni e pressioni di tutti i tipi e circolava una battuta che chiariva la situazione: “Il Poetto più che da costruire è da stipulare.”
A quella lotta per l’acquisto non partecipavano certamente i cittadini che vivevano ancora negli anfratti, nelle grotte o alloggiati provvisoriamente in caserme o quelli senza un tetto, accampati davanti al palazzo civico. Un Poetto quindi che andò in mano alle famiglie più abbienti della città che in quel periodo avevano a disposizione i capitali per acquistare i terreni mentre la maggioranza dei cagliaritani non riusciva neanche a consumare due frugali pasti al giorno.