“Una piccola impresa meridionale”, ovvero
teatro-canzone fatto di ricordi, aneddoti e musica - Fino a domenica l'attore-regista in scena a Cagliari
N elle sale italiane è appena uscito il suo terzo film da regista, “Onda su onda”, ma intanto l'istrionico Rocco Papaleo continua a calcare le scene teatrali con lo spettacolo “Una piccola impresa meridionale” (alla sua quattrocentocinquantesima replica) e ieri al suo debutto al Teatro Massimo di Cagliari (dove sarà in scena fino a domenica per La Grande Prosa del Cedac). La pièce di teatro-canzone scritta dallo stesso Papaleo insieme a Valter Lupo (alla regia), cuce insieme aneddoti personali e canzoni, con l'attore accompagnato da una band di quattro musicisti.
Stesso titolo del film, ma tutta un'altra storia.
«Sarebbe stato improponibile rifare la stessa cosa a teatro. È più un'assonanza ideale tra il film e la messinscèna. È uno spettacolo di teatro canzone basato sulla narrazione con un'idea di partitura musicale che percorre tutto il recital a volte raccontando a volte cantando. Un teatro di intrattenimento senza un vero filo conduttore».
Perché dunque scegliere lo stesso titolo?
Da quando ho iniziato a fare i miei film, alla soglia dei cinquant'anni (ho aspettato un bel po' prima di trovare il coraggio), dentro le pellicole c'è il mio percorso del teatro canzone, un filo che li tiene legati pur essendo due cose diverse. La piccola impresa meridionale siamo noi in scena, un'impresa di intrattenimento che propone uno show che attraversa tutti i climi, da quello giocoso e scherzoso a quello un poco più malinconico e poetico».
Un esperimento di teatro che varia a seconda dell'alchimia fra artista e pubblico.
«È un po' un luogo comune dire che ogni sera il teatro cambia. Chiaramente c'è una relazione fisica tra gli attori e il pubblico e quindi sono gli spettatori che in fondo determinano il ritmo con le loro reazioni. In più questa pièce ha un piccolo margine di improvvisazione, è quindi evidente che tutte le sere c'è qualcosa di diverso».
Che cosa rende questa impresa meridionale?
«La mia autobiografia e quella dei musicisti è il bacino da cui attingiamo, è lo spunto per le storie che narriamo, frutto di una realtà che però viene spettacolarizzata. Tutto questo la rende meridionale ».
Il film, ricordiamolo, è girato interamente nell'Oristanese.
«Esatto, sono doppiamente felice di tornare qui, è una terra molto speciale con cui ho una relazione molto forte. Prima di girare il film avevo visto tanti posti, ma cercavo un faro proprio come quello di capo San Marco, perfetto per quella storia».
Attore, musicista, sceneggiatore, regista, a quali di questi mestieri è più affezionato?
«Non vivo le cose separatamente, tutte si alimentano a vicenda. Forse il cantastorie può racchiudere tutte queste sfaccettature. È una figura che porta in scena e al cinema la mia esigenza espressiva».
Ma la sua voce, meravigliosa, come nasce?
«Fumo da quarant'anni, è l'unico vantaggio. Tornando indietro mi accontenterei di una voce meno bassa».
Simona Arthemalle