Ai vertici dell'ente la commissaria Piras ha parlato di liquidazione
La Fiera rischia di chiudere. Per sempre. Costa troppo alla Camera di commercio, che deve sborsare i soldi per farla funzionare: quel buco di 1.024.099 euro che compare nel bilancio di previsione di quest'anno potrebbe inghiottire decenni di storia di un pezzo della città.
È molto più che un'ipotesi. A parlare di liquidazione è stata la commissaria della Camera, Paola Piras, durante un incontro ufficiale con i vertici dell'ente, lo scorso 17 dicembre. Il concetto è stato messo anche nero su bianco. O si taglia in maniera efficace o si chiude, la Fiera verrà dismessa come è successo con altre società controllate dall'ente del largo Carlo Felice. I tentativi di contenere le spese ci sono stati, ma potrebbero rivelarsi insufficienti. La tesi della professoressa, confortata dalle norme, è: il sistema fieristico deve riuscire a reggersi da solo, basta con le enormi iniezioni di denaro per tenerlo in piedi. Tra le voci di spesa più importanti ci sono gli stipendi del personale, quasi un milione di euro l'anno (927.150) per un'esigua truppa di dipendenti. Serve un colpo di mannaia, sostiene Piras. Ma i sindacati si oppongono, chiedono un piano industriale complessivo. Un riordino totale. Quello che cerca di proporre il consiglio di amministrazione della Fiera, con idee per il contenimento dei costi come le esose bollette elettriche e dell'acqua. Le condotte interne sono vecchie e rovinate, si sa da anni, ma nessuno le ha mai messe a posto. Così anche i soldi si disperdono.
Per attuare le contromisure proposte servono tempo e denaro. E c'è il parere del collegio dei revisori dei conti, allegato alla proposta di bilancio 2016: «L'azienda avrebbe dovuto forse meglio dimostrare la sua capacità di auto sostentamento». Quello che chiedeva, netto e chiaro, la commissaria Piras quando ha detto e scritto che la Camera di commercio non è più disponibile a versare denaro per appianare le perdite. Ha aggiunto: senza segnali concreti - che i revisori non hanno trovato - l'azienda sarà liquidata.
Dodici ettari, per altrettanti padiglioni che coprono 46.320 metri quadrati. Questi sono i grandi numeri della Fiera. Se la si intende solo come uno spazio. Ma è molto altro. È anche storia: difficile trovare un cagliaritano che non ci sia entrato almeno una volta, per qualche manifestazione o per la Campionaria, tappa obbligata nel periodo di Sant'Efisio per molti sardi arrivati in città per la sfilata. Tanto radicata nell'immaginario collettivo che il popolo è convinto: quando c'è la Fiera piove sempre. Ma dietro i cancelli di viale Diaz e piazza Marco Polo non ci sono solo capannoni, piazzali e un centro congressi. C'è un punto di potere che tiene in equilibrio un sistema, quello delle associazioni delle categorie produttive che dovrebbero essere le uniche azioniste della Camera. Altro tassello fondamentale del puzzle è la Sogaer, società di gestione dell'aeroporto: una Spa controllata al 94 per cento. La Fiera è un'azienda speciale. Come il Centro servizi per le imprese, altro ente in sofferenza economica. Il presidente del consiglio di amministrazione - ora Ignazio Schirru, che ha preso l'incarico in quota Casartigiani. Lo affiancano Lino Bistrussu per il settore commercio e Simonetta Caredda per il turismo. Ci sono anche due rappresentanti indicati dal Consiglio regionale: Efisio Pireddu, quota Udc, e l'ex sindaco di Capoterra Giorgio Marongiu. Cariche che dovrebbero andare a scadenza con il rinnovo del consiglio camerale e la fine del commissariamento nel largo Carlo Felice, imposto dalla Regione dopo la stagione di veleni che ha chiuso l'era di Giancarlo Deidda.
Enrico Fresu