Nel patto siglato con il governo anche la restituzione di 600 milioni in 4 anni L’opposizione va all’attacco: giunta timida, si è accontentata di pochi spiccioli
CAGLIARI. L'esagerata cravatta rosso-cardinale dell'assessore al Bilancio, Raffaele Paci, stavolta era solo un vezzo. Nulla di festaiolo, per fortuna. Chi aveva malignato su una possibile, postuma e smaccata celebrazione, nell'aula del Consiglio regionale, per la chiusura a dicembre della Vertenza entrate, è rimasto deluso. Nel giorno della ratifica dello schema con cui dopo dieci anni lo Stato riconosce alla Sardegna un «dovuto maggiore gettito fiscale», all'incirca 130 milioni ogni dodici mesi, la Giunta ha avuto lo stile di sfuggire all'esagerazione di sollecitare la santificazione in loco e subito.
La maggioranza. Poco prima che dal Consiglio arrivasse - seppure con i soli voti del centrosinistra - il via libera alle norme di attuazione, è stato lo stesso assessore a non scivolare negli eccessi, cravatta a parte. «Senza trionfalismi - ha detto - oggi possiamo sottolineare con soddisfazione di aver vinto una battaglia e ottenuto quello che ci spettava. Nessuna festa con i fuochi d'artificio, quella è rinviata nel giorno in cui riusciremo a risolvere, speriamo tutti assieme, gli altri grandi problemi della Sardegna». Per chiudere: «Anche con lo Stato, lo sappiamo bene, restano aperte ancora diverse partite finanziarie, penso agli accantonamenti troppi e milionari, ma da oggi in poi abbiamo almeno la certezza di quali e quante saranno le entrate. Prima molte di quelle entrate erano solo delle poste presunte di bilancio, oggi sono soldi sicuri». Soprattutto non ci sarà più il rischio che un domani qualunque Governo ci ripensi, le norme sono blindate anche per il futuro, e ancor di più (è questa la vera vittoria) il gettito arriverà alla Sardegna in "presa diretta" dall'Agenzia delle entrate. Senza più la strozzatura di essere pagato dai contribuenti sardi, finire poi a Roma e infine ritornare indietro, com'è accaduto finora. È una delle assurdità denunciate da tempo dal Partito dei sardi, che – insieme al Centro democratico – pretende la nascita dell’Agenzia delle entrate sarda slegata da Roma, e quel progetto di legge non è lontano dall’approdo anche grazie all’appoggio del Pd. Perché l'accordo sui nuovi incassi diventi operativo, manca ancora un passaggio tecnico, il voto di Palazzo Chigi, e l'ultimo lasciapassare del ministero dell'Economia: il tutto dovrebbe avvenire nel giro di uno o due mesi. «È stato duro - ha commentato il presidente Francesco Pigliaru - ma alla fine, come avevano promesso, abbiamo tenuto la schiena dritta e portato a casa il massimo. Sì, abbiamo ottenuto tutto quello che avevamo chiesto, non un euro di meno, Compreso il pagamento di quanto avanziamo ancora di arretrati, 600 milioni, non in dieci anni come avrebbe voluto la Ragioneria dello Stato, ma in quattro». Mesi fa il governatore aveva auspicato il voto unanime del Consiglio sulle nuove quote di giochi, riserve matematiche e altre imposte «9in trasferimento»: non è stato così.
L'opposizione. Non ha partecipato neanche alla festa minimalista organizzata dalla maggioranza. Ha votato contro compatta - l'unico ad astenersi è stato Mario Floris dell'Uds - e in sintesi con questa motivazione: «Con lo Stato, questa Giunta ha avuto un atteggiamento timido e s'è accontentata di poco anche negli arretrati". Lo hanno detto, uno dopo l'altro, Alessandra Zedda, Pietro Pittalis e Marco Tedde di Forza Italia, Michele Cossa e Attilio Dedoni (Riformatori), seguiti da Angelo Carta (Psd'Az) e Gianluigi Rubiu (Udc). Secondo loro, il Governo non è stato e non lo sarà neanche in futuro leale con la Sardegna". Non c'è occasione - hanno ribadito - in cui «non scippi ai sardi quello che gli
spetta di diritto, con motivazioni spesso astruse e ritenute illegittime». Per il centrodestra, quella delle entrate non è una battaglia vinta e neanche un punto di partenza. «Non fatevi illusioni – è stata la conclusione – appena volterete la schiena, sarete impallinati e beffati di nuovo».