SardegnaDall’esame dell’attività turistica appare evidente che è asfittica e sottodimensionata. In buona parte ciò è dovuto all’insularità – che è allo stesso tempo causa ed effetto – e dai suoi insufficienti e costosissimi collegamenti. Inoltre, è conseguente alla sua modesta dimensione e dal modo di interpretare il ruolo da parte degli stessi operatori. I principali problemi sono il basso indice di utilizzazione (IU) e lo scarso periodo di lavoro. E’ assurdo che l’85% del movimento si svolga nei quattro mesi da giugno a settembre, con uno IU appena del 51,2, mentre lo IU medio annuo è 20,8 (un quinto della capacità). Tenendo conto che qualunque attività ha un suo costo anche quando è ferma, l’aumento del lavoro consente una ripartizione delle spese fisse, quelle che ci sono sempre, che consentirebbe una riduzione dei prezzi da utilizzare per favorire la produzione e l’occupazione.
Lo sviluppo dell’attività turistica, col conseguente aumento dell’occupazione, interessa tutta la Sardegna e la sua popolazione in quanto è assolutamente necessario per lo sviluppo socio-economico. Purtroppo, come si constata chiaramente, questo non può essere ottenuto con l’industrializzazione, soprattutto se è forzata. Peraltro considerare il turismo fra i servizi è una deformazione della realtà: questa è produzione, cioè creazione di ricchezza, soprattutto quando riguarda l’esterno e cioè i turisti provenienti da altre regioni italiane o dall’estero. Anzi è esportazione. Inoltre, non può essere delocalizzata, cioè trasferita altrove. Questo settore è una delle poche possibilità praticabili per l’aumento dell’occupazione, oltre l’agricoltura che peraltro è strettamente legata, specie l’agroindustria.
I primi interessati a risolvere i suddetti problemi dovrebbero essere gli albergatori, che invece sembra non facciano abbastanza per migliorare la propria attività. Le loro maggiori richieste sono quelle di combattere l’abusivismo e di ottenere contributi regionali per sostenere l’occupazione nei mesi di scarsa attività. Nel primo caso, in parte è vero ma non completamente: se è tanto elevato probabilmente è a causa dei prezzi troppo alti degli esercizi classificati, dovuti in gran parte alla modesta attività ed alla forte incidenza appunto delle spese fisse. Per quanto riguarda i contributi per l’occupazione sembra un’assurdità, una forma pura e semplice di assistenzialismo come purtroppo esiste in vari settori economici. Cioè, si richiede un sostegno per i dipendenti mantenuti al lavoro per qualche mese oltre la ‘stagione’, ma senza alcuna certezza che serva a qualcosa oltre a dare risorse a lavoratori (cosa sicuramente valida ma non in questo modo). Ben altro sarebbe il discorso se fosse legato ad un effettivo aumento dell’attività tramite una politica comune di sviluppo o progetti promozionali specifici. Comunque in tutto questo, colpisce che la Regione Sardegna non considera adeguatamente questo settore, sia per l’aspetto finanziario sia per riguarda norme e competenze. Certe competenze di altri Assessorati dovrebbero essere subordinate o concordate con le esigenze del Turismo. Invece, spesso si dipende dall’Urbanistica, dalla Cultura, dai Trasporti, dal Lavoro, dall’Agricoltura, oltre che dalla Programmazione.
Gianfranco Leccis
(admaioramedia.it)