SABATO, 28 MARZO 2009
Pagina 38 - Cultura e Spettacoli
A due anni dalla scomparsa di Ingmar Bergman Cagliari gli dedica un’importante retrospettiva
Studiosi di cinema, teatro e letteratura illustreranno i suoi lavori
GIANNI OLLA
CAGLIARI. due anni dalla scomparsa di Ingmar Bergman, la Cineteca sarda e l’Assessorato alla cultura del comune di Cagliari, lo ricordano con una lunga e preziosa retrospettiva che comprende 18 film e cinque conversazioni con studiosi di cinema, di psicanalisi, di teatro e di letteratura, quasi per confermare una sorta di totalità culturale racchiusa nei suoi film.
La rassegna si è aperta ieri venerdì, nella sala di viale Trieste 126, con la presentazione di «Prigione» (1948), primo titolo in cui si cominciano ad intravedere sia i segni portanti delle sue ossessioni esistenziali.
Il mito di Bergman ha inizio, però nel 1957 con «Il posto delle fragole», film considerato tra gli autentici capolavori della storia del cinema. Verrà proiettato, assieme a «Sorrisi di una notte d’estate» (1955), variazione moderna della commedia shakespiriana martedì 31, alle ore 20,30. Il più celebre film bergmaniano chiude, con una prima meditazione memoriale, la fase romantica del regista. I due segni di crisi possono essere considerati appunto, «Il settimo sigillo» (1957) e «Il posto delle fragole», entrambi meditazioni sulla morte. Sono sempre degli anni Cinquanta, altri due titoli importanti, «Il volto» e «L’occhio del diavolo», che si potrebbero definire delle commedie disincantate e abbastanza cupe: il primo è la storia di una compagnia di illusionisti mesmeriani che gira la Svezia ottocentesca, il secondo una variazione sul tema del Don Giovanni. Entrambi verranno proiettati venerdì 3 aprile, alle 19 e alle 20.30.
Per il martedì successivo, 7 aprile, è invece in programma, un altro celebre capolavoro, «Sussurri e grida» (1972), prima pellicola. È un film che, nonostante la trama dedicata, ancora una volta, alla malattia e alla morte, ottenne un grande successo in ogni parte del mondo, consacrando il regista come autentico artista totale. Difatti, Bergman, scriveva da solo le sceneggiature dei suoi film, attingendo a memorie proprie o direttamente ad un inconscio turbativo che lo avrebbe portato, spesso, a ricoveri ospedalieri e a periodi di crisi creativa quasi paralizzanti. La terapia bergmaniana del «girare film» in cui scaricare la propria interiorità nascosta, si alternava alle regie teatrali (da Shakespeare a Pirandello, da Kafka a Strindberg) e operistiche (Mozart, soprattutto) e alla scrittura letteraria, prevalentemente autobiografica e sempre di grande spessore estetico.
Al risultato di Sussurri e grida, Bergman, non a caso, arrivò con la lunga filmografia degli anni Sessanta, divisa tra due temi portanti: il silenzio di Dio («Luci d’inverno» e «Il silenzio», che saranno proiettati martedì 14 aprile) e la ricerca della vera personalità femminile, nascosta dalla vita quotidiana o dalla finzione: su questo argomento, martedì 21 aprile, la studiosa Sarah Gherbitz, alle ore 19, terrà una conferenza introduttiva al film «Come in uno specchio» (1960), dal titolo: «Sentieri interrotti». L’universo femminile nel cinema di Bergman.
Al Bergman cineasta puro è invece dedicata la conferenza di venerdì 24 aprile, «Ingmar Bergman, costruttore di immagini». Sarà Antonio Costa, che nell’occasione presenterà il suo libro dedicato al regista, dallo stesso titolo, a raccontare forme e linguaggi del suo cinema, presentando nel contempo una confessione/intervista inedita del regista, The image maaker.
Il 28 aprile, con «L’ora del lupo» (1967), si ritornerà al Bergman ossessivo e non a caso la conferenza introduttiva, curata da Sergio Arecco, è intitolata «Magia e magie, sogni e visioni».
Il 5 maggio altre due proiezioni, «Il rito» (1969) e il bellissimo film-opera mozartiano «Il flauto magico», che apre un altro settore, il teatro che fa capolino anche in altri titoli: venerdì 8 maggio, assieme a «L’immagine allo specchio», ci sarà infatti un film poco visto sul teatro, «Un mondo di Marionette», girato nel 1980 per la tv svedese. Al definitivo capolavoro di Bergman, Fanny e Alexander è dedicata l’intera serata del 12 maggio, quindi la conclusione - il 15 maggio - sarà segnata da due bellissimi e quasi sconosciuti film televisivi, «Sarabanda» (2003) e «Vanità e affanni» (1997). Sono entrambi e diversamente, due film testamentari che rimandano alle origini del suo cinema e all’isolamento finale del suo creatore, autoreclusosi nella sua isola di Faro.
«Vanità e affanni» è la storia di un costruttore di immagini, pazzo, che sogna di poter realizzare un film. «Sarabanda» è l’ultimo rifugio del protagonista di «Scene di un matrimonio», sempre più solo ma sempre più bisognoso degli altri. Un ennesimo sigillo biografico di una lunghissima filmografia che, tra cinema, televisione e sceneggiature ha realizzato ben 74 opere.