Lasciate alle spalle la festa del Sol Invictus, Solstizio d'inverno fatto coincidere con il Natale, e la celebrazione de Sos Tres Res che nel cristianesimo primitivo in alcune comunità era identificata con la nascita di Cristo, il 6 gennaio prima della scelta del 25 dicembre, ecco la festa della luce assimilata a quella di Sant'Antonio abate. Diffusa in Europa e nel Vicino Oriente ha infinite varianti che in Sardegna conservano contaminazioni inusitate. Un fascinoso bignami che resiste. Antonio, egiziano si autorecluse, sulla falsa riga della grotta della Natività, in Thebaide, dando vita al monachesimo rupestre che in Sardegna ebbe diffusione precoce. Sant'Antoni de su fogu, nell'isola con bastone di ferula e maiale ai piedi, è protagonista, come Prometeo, del furto del fuoco dagli inferi. Il suo profilo salvifico agisce su uomini e animali, di cui è protettore. Fuochi e benedizione degli animali scandivano l'inizio del Carnevale e si prospettavano densi di patti e comparatici. La benedizione degli animali ha radici nelle fondazioni urbane ed è documentata a Roma persino da Wolfgang Goethe. Nella città eterna il fuoco pubblico era dedicato a Vesta, divinità antichissima, nel cui tempio la fiamma aveva carattere perenne grazie alle Vestali la cui inviolabilità era una precondizione. Il fuoco fu spento nel 391 d. C. quando si proibì ogni culto pagano. In Sardegna proseguì la tradizione di recidere gli alberi del nemus (bosco) e la radura ottenuta (lucus) sarà un luogo sacro in cui il fuoco comunitario e benedetto consente espiazione e gioia. A Cagliari Sant'Antonio abita la contrada Sa Costa in Via Manno in un intrico di cisterne e di habitat rupestre in cui un hospitium di pellegrini diventerà un ospedale e una chiesa che resiste mimetizzata tra i negozi.
Maria Antonietta Mongiu