Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Cemento e palazzi di lusso nel centro storico

Fonte: La Nuova Sardegna
30 marzo 2009

DOMENICA, 29 MARZO 2009

Pagina 1 - Cagliari

IN DISCUSSIONE IL NUOVO PIANO PARTICOLAREGGIATO



Market nel carcere di Buoncammino, tapis roulants e «vuoti urbani» riempiti di mattoni




CAGLIARI. Non più un carcere, largo a un centro commerciale-culturale collegato ai parcheggi dei pullman situati dabbasso con gli immancabili tapis roulants, che poi dovrebbero collegare l’ex penitenziario ai quartieri storici sottostanti. Sparito a furor di popolo dai bastioni Santa Croce il progetto dei ‘percorsi meccanizzati’ ritorna sul colle di Buoncammino, come se i cagliaritani non avessero gambe per camminare e la città fosse un grande supermercato dove spostarsi restando immobili. E’ solo uno dei progetti contenuti nel piano particolareggiato del centro storico.
1 Un piano che già a leggerne la relazione elaborata dai nove ingegneri capeggiati da Giancarlo Deplano richiama alla mente il rombo sordo delle betoniere. L’idea di base riguarda un «progetto di recupero che deve riconoscere e interpretare le regole che hanno orientato nel tempo la produzione dello spazio pubblico e dell’edificato riproponendo le tecnologie tradizionali e i materiali locali da costruzione che hanno contribuito a dare forma e carattere unitario al paesaggio urbano senza ecludere a priori proposizioni di innovazioni tecnologiche coerenti con il manufatto». Il timore è che alla fine l’attenzione sia rivolta soprattutto ai «vuoti urbani» - gli spazi rimasti miracolosamente liberi tra palazzi e palazzacci o nati negli anni da demolizioni necessarie, conseguenza del bombardamento del 1943 - per dare alle solite imprese delle solite famiglie occasioni di realizzare edifici ad alto valore aggiunto. Sono numerosi infatti nella relazione gli accenni all’esigenza di «ricucire il tessuto urbano» che risulterebbe quindi strappato e deturpato da qualche metro quadro non invaso dal cemento. Preoccupano poi i richiami alla «funzionalizzazione» di quegli spazi, che nello stato attuale sarebbero dunque da considerare inutili.
Se si trattasse di un piano rivolto alle periferie urbane tutto rientrerebbe nella norma. Qui però i tecnici incaricati dall’amministrazione comunale affrontano il problema dei quattro rioni storici della città - Castello, Stampace, Marina e Villanova più Sant’Avendrace e il centro di Pirri - e del riuso di spazi e di edifici ormai irripetibili. Cosi si capisce perchè gli ingegneri assegnino all’esame dei vuoti urbani «una forte valenza strategica» e li considerino «un’occasione significativa per dare risposte ai bisogni emergenti di una nuova qualità urbana, assegnando all’insediamento storico anche una maggiore competitività nella trasformazione del mercato immobiliare in sinergia coi prodotti di qualità».
Sia chiaro: il piano particolareggiato non ipotizza soltanto edifici laddove non ci sono. Ad esempio quando si parla dei seimila metri quadrati tra via San Saturnino e via Tristani, un’area di campagna sopravvissuta all’avanzata del cemento postbellico, gli ingegneri propongono un «uso pubblico». Stesso discorso per il vuoto tra via Sardegna e l’angolo di via Barcellona, dove si pensa a sistemare quanto resta della chiesa di Santa Lucia. In altre aree della città però traspare la disponibilità a realizzare «interventi compatibili con il contesto, sui quali far convergere diverse forme di interessi, pubblici e privati, sostenibili e durevoli nel tempo». Come in via dei Genovesi, tra il portico Vivaldi e via Lamarmora: qui si tratta - a leggere i pianificatori - di «aree attualmente vuote ma storicamente edificate, di cui risulta opportuno il ripristino della continuità edilizia e la ricostruzione del tessuto urbano storico». Come dire: c’erano edifici, bisogna che si siano di nuovo. Senza alcuna spiegazione sul perchè sia opportuno e su chi ci guadagnerà. Come nel triangolo Orto botanico-Cappuccini-facoltà giuridiche, dove il solito Mistretta vorrebbe realizzare il campus universitario in alternativa al ghetto per studenti progettato nelle ex semolerie Sem, dietro la stazione ferroviaria. Come in via Fara, dove torna di moda l’edificio lineare dell’impresa Puddu con relativa sepoltura del campetto di calcio e dell’area verde.
Fino ad ora le regole urbanistiche del centro storico erano contenute nel piano quadro, elaborato nel 1990. Ma a quasi vent’anni da quel piano il comune sembra voler progettare il futuro dei rioni più preziosi della città come se giocasse al Monopoli: è l’amministrazione che getta i dadi e sempre i vertici politici della città li raccolgono. Non si parla di coinvolgere i cittadini, semmai l’occhio è rivolto alle ricadute finanziarie che una ripresa in grande stile dell’edilizia d’alto bordo - nella relazione è scritto quasi esplicitamente - porterà ai centri di potere cagliaritani.
Un’analisi anche rapida dell’elenco elaborato dal comune dei siti identitari-paesaggistici da proteggere in base al Codice Urbani - recepito nel piano paesaggistico regionale - offre la conferma della strategia edificatoria elaborata dall’amministrazione Floris: i beni da proteggere erano 82 e ora sono soltanto 28. Fra quelli da difendere è sparita - ma è soltanto un esempio - la Sella del Diavolo e guarda caso ai piedi del rilievo naturale oggi occupato dai militari è previsto un grande progetto privato che riporta direttamente ai piani alti del Municipio. Dall’elenco sono stati tolti palazzi storici, chiese antiche, siti di importanza storica centrale: il sospetto - espresso dall’opposizione in consiglio comunale - è che si sia lavorato anche e forse soprattutto in funzione degli interessi privati.
Per ora il piano particolareggiato ha superato l’esame della giunta e sta per andare in consiglio comunale, dove è improbabile che cammini in discesa. Gli interessi in gioco sono altissimi, compresi quelli dei cagliaritani che non hanno alcun interesse e che vorrebbero assicurare solo una dignitosa conservazione ai rioni più importanti della città.