Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Un crescendo di passionalità elegante

Fonte: L'Unione Sarda
30 marzo 2009

Concerti. Mendelssohn da camera, dal virtuosismo di Isserlis (martedì) alla grazia del trio russo



La chiamano, tutta insieme, musica da camera. Ma poi le differenze non mancano, ed è facile misurare la distanza tra il virtuosismo della Sonata n. 2 in re maggiore per violoncello e pianoforte op. 58, e l'eleganza del Trio n. 1 in re minore op. 49. Nei due concerti di martedì e venerdì al Comunale, il Teatro Lirico di Cagliari ha celebrato i duecento anni della nascita di Felix Mendelssohn puntando lo sguardo su diversi aspetti del suo repertorio cameristico, chiamando artisti di spiccata personalità. A partire, martedì, da Steven Isserlis, il violoncellista inglese già ospite del Lirico quattro anni fa, accompagnato dalla pianista canadese Connie Shih, per arrivare, nel fine settimana, al trio composto dal violinista Dmitri Makhtin, dal violoncellista Alexander Kniazev e dal pianista Boris Berezovsky.
Uno spaccato dell'arte del compositore amburghese: pagine tra le più fortunate della produzione cameristica matura di un musicista tra i più colti e raffinati del Romanticismo tedesco.
Definito da Robert Schumann come "il capolavoro del suo tempo", il Trio n. 1 in re minore op. 49 per pianoforte violino e violoncello di Mendelssohn, scritto nel 1839, è opera tra le più riuscite. Che, nell'interpretazione del complesso russo, assume un insieme di freschezza, leggerezza ed eleganza, che ne fanno un delizioso e indimenticabile esempio di musica cameristica. Un equilibrio di forma e fraseggio sorretto da una tecnica impeccabile e un affiatamento percepibile nei tanti rimandi intessuti tra pianoforte e i due archi. Un discorso fatto di entusiasmi e tensioni che non cedono mai all'enfasi, ma si portano con passionalità sentita lungo un percorso che sa toccare tutte le corde dell'arte di Mendelssohn, in un crescendo di grazia e passionalità elegante.
A guidarli è il gusto comune per la ricercata finezza, per un discorso che ha le sue basi nella pulizia del suono, la curata levità che sa cedere il passo alla vivacità e alla vitalità nei passaggi da un movimento all'altro. E soprattutto la capacità di coinvolgere il pubblico in una performance dove i virtuosismi si sommano senza mai sovrastarsi, in un intreccio perfetto di personalità e di moti di spirito.
Bella la freschezza, la capacità di affidarsi a un fraseggio che segue percorsi di grande suggestione. Anche nella musica di Cajkovskij, nel Trio in la minore op. 50, "Alla memoria di un grande artista", omaggio estremo al grande Nikolaj Rubinstein, affrontato nella seconda parte del concerto. Pare che Cajkovskij definisse sgradevoli e ostentasse disinteresse per le unioni strumentali di pianoforte e archi. E forse è per questo che il Trio op. 50 è rimasto l'unico, nella produzione da camera di Cajkovskij, per questa formazione classica. Raramente eseguito, è irto di spavalderie strumentali distribuite a piene mani fra le tre parti. Un lavoro estremamente impegnativo che richiede interpreti agguerriti. Come Dmitri Makhtin, Alexander Kniazev e Boris Berezovsky. Che arrivano al massimo della tensione nel finale, intessuto in un crescendo di emozioni forti e venato di una melanconia toccante che spinge a coinvolgenti applausi.
GRECA PIRAS

29/03/2009