Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Allegra ma non troppo

Fonte: L'Unione Sarda
21 dicembre 2015

Musica Applausi al Lirico di Cagliari all'opera di Franz Lehár con la regia di Corradi

 

Un testo al posto dei dialoghi frena la leggerezza

 

« T utto andava di bene in meglio. Questo era il mondo in cui nacqui; all'improvviso, una mattina del 1914, ogni cosa giunse inaspettatamente alla fine…». Così scriveva Giovanni BoIdini, pittore acclamato della Bella Epoque, riferendosi alla grave malattia che lo avrebbe portato alla cecità. Ma quel 1914 significava l'inizio di ben altro, e non solo per lui.
Sono proprio le donne di Boldini, così eleganti e sensuali, a dominare la scena della “Vedova Allegra” che ieri, con la regia di Mario Corradi, ha debuttato al Lirico di Cagliari, ultima opera in cartellone della stagione di Angela Spocci. Al neo sovrintendente Claudio Orazi e al direttore artistico Mauro Meli (in platea) il compito di rilanciare il teatro. Al capolavoro di Franz Lehár quello di chiudere con leggerezza un anno difficile. E allora operetta sia. E quale operetta! Con una storia di amore e danaro (più danaro che amore) che ha per protagonisti personaggi sufficientemente privi di morale. Gli uomini in frac, le donne in abito da sera, a dirci che la vita è un passare da una festa all'altra, da una mascherata all'altra, da un compromesso all'altro. Che si sia ospiti dell'ambasciata del Pontevedro a Parigi, o nel palazzo di Hanna Glawari, tornata sulla piazza dopo la morte del ricchissimo consorte, e diventata il polo d'attrazione per tutti: per chi la ama da sempre, come il conte Danilo, spiantato frequentatore di grisettes chez Maxim, per chi la desidera, e per chi, come il Barone Zeta, vorrebbe pareggiare, grazie al suo patrimonio, i conti del piccolo stato balcanico da lui rappresentato.
Una vicenda improbabile, ricca di spunti e citazioni, divertente, a tratti venata di malinconia, condita di erotismo ed esotismo, e sorretta da una musica leggera e sublime. Nell'allestimento cagliaritano i tre atti sono stati ridotti a due, con l'accorpamento delle due feste a casa di Hanna. Mancano i dialoghi, in questa edizione che conta sulle scene di Italo Grassi, i costumi di Grassi e Anna Bertolotti, le luci di Bruno Ciulli e le coreografie di Aurelio Gatti. Una scelta registica li ha cancellati dal libretto, per trasformarli in un testo affidato a una giovane, bella e brava attrice, Veronica Franzosi. È lei a vestire il frac di Njegus, il cancelliere d'ambasciata pasticcione, simpatico, ficcanaso e paraninfo. Lei a raccontarci passo dopo passo la vicenda, anticipandoci gli eventi e spiegandocene il senso. E proprio l'intento didascalico affidato al suo ruolo fa perdere un po' della leggerezza di questo piccolo gioiello che si gioca sul perfetto equilibrio tra alternanza di dialoghi e arie. Alla fine applausi per tutti, e la voglia irresistibile, per molti, di lasciare il teatro canticchiando “Donne donne eterni dei”.
Maria Paola Masala