VOTO 2016. Il “no” di Farris alla candidatura riapre il cantiere di FI
Riceve in viale Sant'Avendrace, ufficio sotto i portici. Targa con scritta bianca su sfondo nero: Edoardo Tocco, consigliere comunale e regionale di Forza Italia. L'onorevole del quartiere, rieletto con più di 4 mila voti nel 2014, è navigatore attento della politica cittadina: «Qui bussano conoscenti, amici». Diversi, nello spazio di un'intervista sul suo ruolo nel partito dopo l'annuncio di Giuseppe Farris («non mi candido con Forza Italia alle comunali») e sugli scenari che, per il centrodestra ancora monco di candidato sindaco, annunciano un percorso non privo di colpi di scena da qui alle amministrative 2016. Come un ipotetico riavvicinamento di Piergiorgio Massidda al partito che ha contribuito a fondare. Dardo fulmineo dagli occhi dell'onorevole: «Forza Italia è la casa di Massidda, credo possa accadere».
Certo è che la rinuncia di Farris ha creato un vuoto.
«Credo che Farris abbia fatto ricorso al buon senso e valutato di non essere lui il vero elemento di coesione. Ha deciso in modo coerente: si sarebbe verificato quel che è accaduto alle ultime provinciali, con due contendenti dello stesso partito che avrebbero creato dissapori nell'elettorato».
Il campo si è liberato a favore di Tocco?
«Credo di no. Benché mi lusinga il fatto di pensare che, tempo fa, si sia valutata l'ipotesi di mettermi in corsa. Ma anch'io potevo essere elemento di non coesione».
Perché?
«Non sarei stato condiviso da tutti».
Chi fa la fronda contro Tocco?
«Non credo ci sia un'opposizione. Ho solo pensato che non fosse il mio momento».
È vicecoordinatore provinciale di Forza Italia e vicino a Piergiorgio Massidda, leader del polo civico. Ruoli in conflitto, per uno schieramento che cerca la sintesi.
«Sì, questo mi crea non pochi imbarazzi. Il mio legame con Massidda è noto e l'ho manifestato all'interno del gruppo regionale e comunale. Credo che i miei colleghi abbiano apprezzato la correttezza. Ho fatto una scelta in questo senso perché credo che Massidda sia un elemento di coesione».
Si è mosso con largo anticipo.
«Sta intercettando il popolo degli scontenti, stanchi dei partiti. C'è chi vede in lui un elemento in grado di contrapporsi all'amministrazione attuale».
Lei lascerà l'incarico in Forza Italia per seguirlo?
«Il mio è un ruolo di respiro provinciale, distaccato da quello locale. Ho chiesto ai colleghi di non partecipare al tavolo comunale per correttezza e lealtà. Ho fatto una scelta che molti hanno condiviso, altri no».
Cosa cerca esattamente?
«Voglio una Cagliari nuova e migliore. Ma non sarò candidato al Consiglio comunale».
A chi farà spazio?
«A chi ha condiviso con me la corsa alle regionali. Intanto registro la spinta delle liste civiche».
Per questo crede possibile un riavvicinamento tra Massidda e Forza Italia?
«Forza Italia è composta da persone intelligenti e di buon senso, credo che potrebbe accadere. Gli stessi Fratelli d'Italia hanno dichiarato di esser vicini alle idee di Massidda. Sì, ritengo che Forza Italia possa ancora fare un discorso di questo genere. Me lo auguro».
L'ex senatore non è sembrato disponibile a riconsiderare le posizioni assunte ultimamente.
«Massidda si muove con logica. Ma Forza Italia deve fare un lavoro di ricerca della coesione. La campagna è ancora lunga, tutto è possibile fino all'ultimo minuto dell'ultimo giorno della presentazione delle liste. Se si creasse una coalizione forte e compatta, molti potrebbe rivedere le proprie posizioni».
Il cantiere del centrodestra voluto da Ugo Cappellacci come procederà?
«Credo sia giusto che Forza Italia, per questioni di dignità, esprima il nome di un candidato sindaco».
Come conciliarlo con la sintesi che vedrebbe Massidda il vero candidato?
«La speranza è un ballottaggio. Sempre che Massimo Zedda non vinca al primo turno. Quel che serve ora è la coalizione, ma il quadro è confuso: i Riformatori hanno una strada da percorrere e vedremo dove li condurrà dopo le primarie di domenica, Udc e Psd'Az ancora non si sono pronunciati. Poi ci sono le civiche».
Campagna elettorale affollata.
«Mai così incandescente».
Pietro Picciau