Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Stipendi da fame e povertà

Fonte: L'Unione Sarda
1 dicembre 2015

Meloni (Acli): insediato il Tavolo regionale contro il disagio, ora intervenga la Giunta

Retribuzioni medie, il Medio Campidano è ultimo in Italia È un bollettino di guerra che cresce ora dopo ora e sta registrando un'infinità di vittime. Ai numeri sulla povertà, oggi si aggiungono quelli sugli stipendi (retribuzioni lorde): gli ultimi in Italia sono nel Medio Campidano, 22 mila 438 euro in media l'anno, una differenza di oltre 12 mila euro rispetto alla provincia che sta meglio, Milano. È bene ripeterlo e non dimenticarlo mai: significa malessere pesantissimo, non poter mangiare come si deve, non riuscire ad accedere alle cure mediche necessarie, non far studiare i figli, non avere neppure la dignità minima (dice Papa Francesco) che spetta di diritto a ogni essere umano.
«Abbiamo l'ennesima conferma della condizione drammatica in cui si trova il Medio Campidano», commenta Rossella Pinna, consigliere regionale del Pd, ex sindaco di Guspini. «I problemi enormi del nostro territorio riguardano la disoccupazione, lo spopolamento e l'invecchiamento della popolazione. Se a questo si aggiunge la desertificazione industriale, la scomparsa delle attività produttive - l'ultima fabbrica che ha chiuso, la Keller, ha lasciato per strada 500 famiglie - si comprende che viviamo in una situazione difficilissima, una bomba sociale. Cosa fa la Regione? Bé, un anno e mezzo è poco per fare un bilancio, comunque deve fare di più».
Neppure le altre zone dell'Isola navigano nel lusso, secondo i dati dell'Osservatorio JobPricing per Repubblica.it, Cagliari, con un reddito di 26 mila 118 euro, è al 66 posto della classifica nazionale (quindi sotto la metà), a seguire, nella lista locale, troviamo Carbonia-Iglesias, Sassari, Nuoro, Ogliastra, Olbia-Tempio e Oristano. A livello regionale, la Sardegna è terz'ultima (24 mila 110 euro) nel Paese, poco oltre Basilicata e Calabria.
Una settimana fa è emerso che la Sardegna è la regione in cui il rischio povertà o esclusione sociale è aumentato di più: nel corso del 2014 rispetto al 2013 una crescita di 5,5 punti percentuali. Era del 32,2% nel 2013, è salito al 37,7% nel 2014. Pochi giorni dopo ecco il nuovo allarme della Caritas: le famiglie in stato di povertà relativa da 107.600 del 2013 sono diventate 107.800 nel 2014. A fine 2015 le persone che sono andate a chiedere aiuto ai Centri d'ascolto delle nove diocesi della Sardegna saranno poco meno di settemila. Più uomini, separati o divorziati, pensionati, precari, cassintegrati, ma anche impiegati, commercianti e piccoli imprenditori. Chiedono cibo, vestiti, soldi per pagare bollette e tasse, consigli e opportunità per ricominciare.
«La cosa paradossale», sottolinea il presidente delle Acli, Fabio Meloni, «è che la Sardegna è arrivata prima di tutte le altre regioni con una misura importante di lotta alla povertà, quasi dieci anni fa, purtroppo però non è stata mai finanziata». Insomma, c'era una legge ma nessuno ci ha messo dentro i soldi per farla funzionare. Una vergogna. Acli, con Caritas, Cgil, Cisl e Uil, ha costituito il tavolo regionale dell'alleanza contro la povertà e ha bussato alla porta della Regione. «Perché i tempi delle istituzioni e degli iter normativi non coincidono con quelli della disperazione», aggiunge Meloni. Hanno promosso anche in Sardegna il “Reis”, il reddito di inclusione sociale, che prevede contributi in denaro, strumenti di welfare, con il coinvolgimento dei comuni, interventi educativi e socio-sanitari. «Nella legge di Stabilità il Governo ha stanziato, per il 2016, 600 milioni per la lotta alla povertà, sono pochi, bastano per sperimentare questo strumento, ma anche la Regione deve fare la sua parte».
Cristina Cossu