Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il tesoro del sale e il suo futuro

Fonte: L'Unione Sarda
30 novembre 2015

 

Sono ferme da trent'anni. Chiuse causa (presunto) inquinamento. Che in effetti c'era ma non così grave da compromettere la produzione delle più antiche saline dell'Isola. Da metà degli anni Ottanta a oggi silenzio: o meglio, proteste, convegni, appelli - prima ai Monopoli di Stato poi alla Regione, proprietaria dell'area dietro il Poetto - senza però che cambiasse il destino della fabbrica di granelli bianchi alle spalle della grande spiaggia tra Cagliari e Quartu, viva e vitale per oltre duemila anni. Lo storico Stefano Pira ricorda che neppure 600 anni fa, quando il giudicato d'Arborea mise sotto assedio la Cagliari catalana, si interruppe la produzione del sale: pur di non bloccare la produzione, gli aragonesi trasportavano i salinieri via mare e sotto scorta armata dal porto fino al Poetto. Altri tempi, evidentemente. Le montagne candide che disegnavano il paesaggio sono scomparse. E oggi rimettere in moto un impianto tutto ecologico che funziona ad acqua di mare, sole e vento pare un'impresa titanica (mentre funzionano più che bene gli impianti della Conti Vecchi a Santa Gilla, proprietà Eni, e di Sant'Antioco, del gruppo Atisale, il primo produttore italiano di sale marino).
TESORETTO Ora c'è un tesoretto di venti milioni di euro che la Regione vuole spendere per l'area di Molentargius. In opere di bonifica e forse per far ripartire le saline che, come aveva intuito il naturalista Helmar Schenk, sono il motore ecologico di tutto l'ecosistema. Un'occasione ghiotta per farne un volano di iniziative ambientali e produttive, per esempio legate al benessere e alla salute, come succede in tutto il mondo. Negli anni si sono sprecate le sollecitazioni. Forse ne saranno necessarie altre per non perdere il treno di uno sviluppo che in questo caso fa rima con natura. «Lavoro in Sardegna da una vita, si fanno i convegni ma poi tutto torna come prima. Alcuni raffinatori anni fa chiesero di gestire le saline del Poetto e anche di Carloforte ma non hanno mai avuto risposta. Per carità, fate quello che ritenete meglio, benessere, terme o altro, ma almeno raccogliete il sale, è uno spreco lasciare la salina chiusa. Perché il vento e il sole continuano a produrre cristalli e il prodotto alla fine si getta via». Parole chiare di uno che se ne intende: Armando Succi, ex dirigente Enichem, vive e lavora a Milano, si occupa delle vendite all'estero di Atisale. «Ho spedito negli Stati Uniti l'ultimo sale raccolto a Molentargius nel 2003, 300 mila tonnellate, c'è spazio per produrre, l'Italia è costretta a importare il prodotto dalla Tunisia».
TERME E SALUTE Le idee? Non mancano. Era sufficiente seguire i due recenti convegni organizzati dall'Associazione per il parco Molentargius-Saline-Poetto. Dove tra gli altri sono sfilati i dirigenti di tre importanti saline italiane: Margherita di Savoia, in Puglia (la più grande), Trapani e Cervia (Ravenna). Che hanno svelato un mondo
a noi sconosciuto. Oggi raccogliere sale vuol dire turismo, terme, salute, benessere, trattamenti con fanghi e cristalli. A Cervia invitano a «passare le acque» nelle loro piscine, a Margherita di Savoia lanciano l'argilla curativa.
TURISMO C'è tutto un mondo che si muove. E che non si sogna di lasciare fermi impianti, come quello del Poetto, solo perché non si è deciso cosa farne (però dalle vasche isolane in funzione si vende si esporta il cloruro di magnesio per i trattamenti di talassoterapia: richiesta in aumento, dicono gli esperti). Ad ascoltare le iniziative fuori dall'Isola, si provava un pizzico di vergogna ma anche la sensazione di sentirsi un po' fessi per le occasioni perse. Viene da pensare alle caselle salanti del Poetto, un gioiello con una vocazione naturale per il turismo, con la spiaggia e il parco naturale: e quanto rammarico a guardare il vecchio ospedale marino dall'incerto e confuso destino. «Con la riattivazione delle saline può crescere la biodiversità dell'area - dice Vincenzo Tiana, presidente dell'Associazione per il parco - il ciclo della salina e l'ecosistema di Molentargius possono costituire un grande attrattore turistico e insieme con Santa Gilla diventare l'anima culturale della progettata città metropolitana».
Dalle saline d'oltremare trasformate in fabbriche del benessere arrivano altre indicazioni: è tutto un fiorire di sali, integrali, aromatizzati, speziati. Come dire che si possono offrire prodotti nuovi, di qualità: un modo per dare ulteriore valore ai cristalli bianchi. Non solo: il marchio del sale di Cervia compare sui prosciutti di Parma o sul Parmigiano reggiano. Noi potremmo farlo per la bottarga, per i pecorini, e altro ancora.
MARCHI DI QUALITÀ C'è da dire che dalle nostre parti qualcosa si muove. In questi anni è tutto un boom di nuove proposte, fioccano prodotti con sali speziati e aromatizzati anche di ottima qualità (d'altronde il sale marino sardo è famoso per la sua dolcezza, apprezzato in cucina). Da Bresca Dorada e Agroverde di Muravera all'Officina delle spezie di Pula, da San Vito a Vallermosa a Feraxi, persino molte aziende agricole e agrituristiche si lanciano in questo nuovo mercato. C'è poi chi punta a eccellenti prodotti come il fior di sale, quella crosta che resta in sospensione per poche ore nelle vasche, ricca di minerali, molto solubile in cucina e apprezzata dai cuochi. Gourmet Sardegna è l'unica azienda che ha una concessione per la raccolta del sale alla Conti Vecchi. Dice il titolare Andrea Loi, cagliaritano, direttore d'albergo in giro per il mondo: «I miei chef mi hanno fatto conoscere questo prodotto, ora noi raccogliamo a mano il primo cristallo, il più nobile, non lo trattiamo e lo aromatizziamo all'arancia, al limone, al pepe, al mirto e altro. Lo esportiamo in America, Germania, Svezia. Le saline del Poetto? Se rinascessero darebbero una splendida immagine anche turistica per la città».
Cagliari e Quartu hanno una grande fortuna ad avere in pochi chilometri quadrati mare, spiaggia, un parco. E le saline. Ma quest'ultimo tassello manca da 30 anni. Qui non si tratta di fare operazioni nostalgia solo per rivedere il paesaggio con le montagne bianche. La verità è che tornare a «tirai sali» conviene ancora.
Lello Caravano