Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nella frenesia futurista i nostri incubi quotidiani

Fonte: L'Unione Sarda
23 marzo 2009


Aperta a Cagliari la grande mostra sul movimento: tra capolavori di modernità e vertigini fotografiche

Amori subacquei, due pesci inverosimili e un nuotatore stile rana con una murena che gli danza attorno, pochi segni e una firma in stampatello: Munari. C'è anche lui, il grande Bruno Munari, con questo fotocollaggio del 1933, nella straordinaria selezione di fotografie che compongono la mostra L'idrovolante di Marinetti, Cagliari riscopre il Futurismo , da ieri all'Exmà. Mostra, che racchiude ben tre mostre, concepita per il centenario della pubblicazione del Manifesto del Futurismo su Le Figaro, evento voluto dall'assessore alla Cultura, Giorgio Pellegrini, studioso e collezionista di cimeli del movimento marinettiano, già in passato promotore di iniziative in tal senso, come la ristampa dell' Aeropoema futurista della Sardegna di Gaetano Pattarozzi e quella del Poema del tecnicismo del Basso Sulcis di Eugenio Caracciolo.
Bel biglietto da visita anche per una città che, con questa mostra, che verrà successivamente ospitata a Brescia e a Reggio Calabria, si pone una volta tanto all'attenzione nazionale. Senz'altro per l'originalità della proposta espositiva, che non tratta di pittura e scultura futuriste ma tenta ex novo una storia della fotografia nell'alveo di un movimento che ha raccolto nomi noti di artisti fotografi e fotografi professionisti, prevalentemente di reportage e di studio. Centocinquanta scatti originali, messi assieme nella sezione “L'obiettivo Futurista” dal curatore Massimiliano Vittori (suo anche il catalogo), che dialogano con la parata di libri e riviste futuriste, mescolando slogan a geniali ideazioni grafiche, tramando legami fra sperimentazione e innovazione della parola e del segno. La sezione “Bulloni, Grazie & Bastoni”, ordinata sotto le teche trasparenti da Melania Gazzotti, curatrice anche del catalogo, è in realtà il corpus centrale della mostra, ma l'orchestrazione generale trasforma la sala delle Volte dell'Exmà in un'unica esperienza visuale dinamica e ironica, che restituisce all'osservatore molto dell'atmosfera effervescente e politicamente scorretta del Futurismo. Lo fa con le armi della parola e delle immagini meccaniche, più efficaci a rendere l'idea dello smottamento culturale e artistico del movimento rispetto a quanto avrebbero potuto fare superlative tele di Boccioni o Severini, di Carrà o Depero.
“I sogni di Marinetti sono diventati in gran parte i nostri incubi quotidiani”, scrive Pellegrini nella prefazione al catalogo “Il libro futurista”, per il quale firma anche il contributo su editoria e arte a Cagliari nel primo Novecento. Qualcuno dei nostri incubi quotidiani lo ritroviamo proprio, in questa mostra. E non sarebbe stato così forte, quel riconoscimento, se di fronte avessimo avuto le pur violente cromie della pittura futurista. La parola, per esempio. Sulla cui forza, come parola estrapolata dal proprio contesto e risignificata liberamente e poeticamente, poggia una delle linee guida proclamate da Marinetti. Ma la parola oggi non si sogna nemmeno quella portata. È parola in libertà solo in senso deteriore, boutade o proclama, affabulazione a voce alta. Un nostro incubo, appunto. Passare in rassegna tutto il materiale editoriale proposto dalla mostra e raccolto fra collezionisti, biblioteche e fondi, è una meditazione anche su un presente in cui “gli accesi miraggi della velocità son divenuti, in cent'anni, realtà satura di un dinamismo ossessivo, omologante e coatto: ipertecnologico e proprio per questo pericolosamente antilogico”, osserva Pellegrini.
Oltre la meditazione, vediamo cose bellissime: la copertina di Marinetti per L'alcova d'acciaio , 1921, ritenuta scandalosa, per cui furono mandate al macero tutte le copie del libro. In mostra c'è un esemplare scampato, così come c'è una copia di Depero Futurista , edizione Dinamo Azari del '27, rilegata dall'autore con due bulloni. Bisogna scorrere i titoli, indugiare nelle pagine aperte, dove la parola si mischia ai segni matematici oppure compone figure geometriche e volute e spirali, per entrare nell'atmosfera sognante e propulsiva dei primi decenni dello scorso secolo. La stessa che informa le fotografie lungo le pareti, giustapposte per ordine alfabetico degli autori: dal Signor Bonaventura di Cesare Barzacchi alla ipnotica Io + gatto della fotografa triestina Wanda Wultz, del '32, anno in cui proprio a Trieste si tenne la prima mostra di fotografia futurista, documentata dalla foto di gruppo alla Libreria Cappelli, al centro un impettito Marinetti.
Alcuni scatti sono capolavori di modernità: l'autoscatto di Thayaht, pseudonimo di Ernesto Michahelles, sconcertante per bellezza, come belli sono Eduardo e Peppino ritratti nel '36 da Lucio Ridenti. Le sperimentazioni sulle ombre di Giulio Parisio e Thayaht, o del metafisico Luigi Veronesi. E poi Tato, col suo perfetto borghese, del '30, soggetto sempre attuale anche se oggi meno raffinato. Una palla di Natale deflagrata, di Ferruccio Demanins, del '32, accanto a un Marinetti automa che parla alla radio, si legano come un sinistro presagio. La fine della mostra appare come sala di decompressione. Ventidue litografie inedite di Depero, che formavano un album stampato in duecento copie ad uso del pittore che omaggiava, con una stampa, chi gli acquistava un olio, ci restituiscono anche tutta la parte più poetica del movimento. Quella che lascia la parola per il segno, che ricompone un racconto - o tenta di ricomporre la Storia - con immagini di casolari alpestri e di quiete. Siamo nel '44.
La mostra rimarrà aperta fino al 21 giugno e la sezione didattica prevede percorsi per gruppi di bambini e scolaresche. Completano le celebrazioni tre serate a tema, nel Ridotto del Massimo, su cucina, moda e danza futuriste (2 e 24 aprile, 22 maggio), una rassegna di cinema, dal 24 maggio, e un concorso per studenti di scuole medie e superiori. Tre volte Marinetti è stato a Cagliari, nel '21, nel '37 e nel '38, le ultime due in idrovolante. Da qui il titolo e l'immagine della mostra. Ma le suggestioni sono tante altre.
RAFFAELLA VENTURI

21/03/2009