La versione della manager barese
«Cominciai a lavorare con Giorgio Albertazzi, uno dei tre più grandi attori del dopoguerra. Grazie a lui mi si aprivano tutte le porte. Aveva la direzione del teatro di Taormina, quella del teatro nazionale di Roma. Stavo sempre con lui, era il mio massimo referente». Ultima testimone chiamata dal pm Giangiacomo Pilia, l'ex sovrintendente Marcella Crivellenti spiega al Tribunale presieduto da Claudio Gatti come era entrata nel mondo del teatro e come aveva conosciuto Massimo Zedda, che nel 2012 aveva voluto proprio lei alla guida del Lirico. «Persona di mia fiducia», aveva detto il sindaco.
Decisione sfociata nel processo per abuso d'ufficio giunto al giro di boa: nella prossima udienza saranno sentiti dieci testimoni di Procura, parte civile (l'avvocato Maria Rosalia Bizzarro per l'ex consigliere di amministrazione Giorgio Baggiani, il collega Andrea Pubusa per la Fondazione del Lirico) e difesa (i legali Giuseppe Macciotta e Fabio Pili), poi nelle udienze successive ci sarà la discussione. Assistita dal penalista Riccardo Fiorelli, il quale ha inizio udienza ha spiegato di aver saputo di un esposto contro la sua cliente (ma il pm ha chiarito di non avere indagini a suo carico), la manager ha ricordato di aver incontrato il primo cittadino «in una situazione amicale». Si vedevano «nel foyer e alle rappresentazioni», parlavano «di teatro» e in un caso anche «dello spettacolo sul padre di Claudio Fava», ex parlamentare europeo poi diventato coordinatore nazionale di Sel, partito di Zedda e di Nichi Vendola (barese come Crivellenti). Questo però accadeva «nel 2008», mentre in passato la conoscenza era stata fatta risalire al 2009: errore «dovuto alla tensione per la situazione».
A manifestazione di interesse bandita, il sindaco «due giorni prima della nomina», arrivata il primo ottobre 2012, «mi chiese se avessi voluto essere candidata come sovrintendente. Non risposi subito, ci volli pensare ma mi fece piacere. Avevo già lavorato al teatro e lo conoscevo. Dava lavoro a 270 persone, era una grossa azienda. Ero preoccupata per la situazione economica, per un indebitamento colossale, antico, dovuto alla politica aziendale». Dopo le indiscrezioni sull'incarico «avevo ricevuto attacchi personali inauditi, violenti. Ci si sarebbe aspettati di vedere gente incatenata ai cancelli, invece sotto la mia gestione non ci fu un'ora di sciopero. La collaborazione certo non fu brillante, il clima non dei migliori. Orchestra e parti artistiche avevano un atteggiamento di grande superiorità legato a non so cosa». Poi arrivarono i tagli. «In tutto 2,2 milioni per il 2013 tra Regione e ministero. L'intento era chiaro: ridurmi alla fame, tagliare i viveri e rimodulare la stagione». Eppure grazie ai punteggi artistici nel 2013 e per il 2014 «il giudizio fu positivo e il Lirico scavalcò il Teatro di Genova al penultimo posto della lista». (an. m.)