La lettura moderna accolta con calore e applausi
N ella fertile complessità artistica dei nostri giorni, anche i classici del balletto finiscono per essere oggetto di molteplici riletture. Questo perché racchiudono un nucleo di verità che continua a raccontare i nostri sentimenti. Tra i titoli più frequentati c'è “Carmen”. Ogni volta che la novella di Mérimée, accompagnata dalla musica di Bizet, compare in cartellone, pubblico e incassi sono assicurati.
Un titolo che ha sempre attirato l'attenzione di molti coreografi (Petit, Alonso, Van Hoecke, Bourne, Dada Masilo), compreso lo svedese Johan Inger. È lui in questi giorni al Teatro Lirico di Cagliari, a darne una personale chiave di lettura, affidandola sul palco alla Compañia Nacional de Danza de Espana (con cui in precedenza ha affrontato altri lavori), oggi diretta da José Carlos Martinez, in passato al fianco di Béjart, Bausch, Forsythe e Mats Ek, di cui gli appassionati ricorderanno un'intrigante rivisitazione dei primi anni Novanta. Il titolo dello spettacolo e il nome a cui è affidato, potrebbero far pensare a una rappresentazione che va a braccetto con la danza spagnola più nota e ammaliante, ovvero il flamenco, ma non è così. Ciò che si vede in scena, nulla ha a che fare con crepitii di tacchi e braccia saettanti, battiti di mani, mantilla e traje de luz, vestiti fiammeggianti, com'era accaduto sempre su questo palco in gennaio, con la Compania Antonio Gades. Qui, invece, siamo altrove, in un terreno dove classico e contemporaneo sbocciano e maturano insieme. Una danza a cui viene chiesto di guardare sempre un po' più in là, rispetto a quello che già si conosce, avviando lo spettatore alla lettura di ciò che il corpo danzante “ci dice”, e cogliendo aspetti e punti di vista celati da abitudini percettive anacronistiche, o sepolti sotto logori cliché. Inger si affida a una scrittura coreografica forte e concreta, che procede in parallelo con la spiazzante drammaturgia di Acuna-Pohl.
Le musiche di Scedrin-Bizet, eseguite dall'orchestra del Lirico che, nella direzione di Manuel Coves, trova il respiro giusto, tempi convincenti e un bel senso dei contrasti, si alternano a quelle registrate ed elettroniche di Marc Alvarez. In due atti, lo spettacolo offre linee pure trasformate in masse plastiche con la rapidità del vento. Scenografia mutevole. Corpo di ballo ottimo. Lunghi applausi.
Carlo Argiolas