MERCOLEDÌ, 18 MARZO 2009
Pagina 36 - Cultura e Spettacoli
Musica e impegno nei concerti della cantante romana
WALTER PORCEDDA
CAGLIARI. Non sempre sono solo canzonette. Il concerto di Fiorella Mannoia, domenica al Verdi di Sassari per il festival Abbabula e lunedì al Comunale di Cagliari per Soul e Mare, platee strapiene e pubblico in visibilio, è stata l’ennesima dimostrazione della bravura di una delle nostre migliori interpreti. Come sempre Mannoia, coadiuvata dal vivo da una band di alto livello - che ha avuto i suoi punti di forza nel virtuoso chitarrista Fabrizio Leo, nel pianista Luca Scarpa e nel trombettista Marco Brioschi, ma anche il conforto degli altri, tutti di grande valore come quel pilastro che è il batterista Lele Melotti, il percussionista Carlo di Francesco e Bruno di Giordano, tastiere e sax - è forse l’unica a dare una convincente e personalissima lettura di quello che la canzone d’autore italiana - leggi i cantautori - ha prodotto di meglio nella nostra recente storia musicale. Canzoni legate strettamente ai loro autori, che difficilmente riescono a vivere di vita propria. Eppure a Mannoia, elegante e raffinata cantante, il miracolo riesce. Proprio per quella istintiva e rara capacità musicale di cercare con la voce, dai timbri caldi e avvolgenti, quanto allo stesso tempo carismatici, un mood proprio, originale, a tratti sorprendente per comunicativa e feeling quasi sudamericani.
Cantante per cantautori insomma, capace di vestire di femminilità sinuosa brani inventati da sensibilità maschili (non si sa perchè ma i nostri chansonnier sono soprattutto degli uomini...). Siano questi firmati da un De Gregori o da un Battiato, da Fabrizio De Andrè o l’amico di sempre Ivano Fossati. Ai quali la cantante stavolta, in una sorta di collezionismo canoro ha aggiunto ballad eleganti di Bungaro o sentimental songs di rocker come Ligabue.
Ed è proprio su un registro molto speciale che conta la rilettura o interpretazione della brava cantante romana. Figlia di una ricerca che scava nell’intimo, mettendo a nudo le corde, spesso nascoste, nelle versioni originali. Per pudicizia, forse. Così è anche e soprattutto per i messaggi che queste recitano al proprio interno e che Fiorella la Rossa disvela con autorità. Ecco così i cardini di uno show che è musicale e politico al tempo stesso. Porto al pubblico in modo semplice e naturale, ma senza dimenticarne l’urgenza. È così il richiamo alla necessaria sensibilizzazione sui temi della violenza sui bambini, l’inutilità delle guerre, la violenza dei conflitti, la povertà e lo sfruttamento. La presa d’atto di un intorpidirsi delle coscienze, addormentate dalla narcotelevisione - soprattutto nella strordinario remake cantato-parlato del brano di Jovanotti «Occhio non vede cuore non duole» - come nell’essere caparbiamente contro le ingiustizie con la sua asciutta eppure coinvolgente «Smisurata preghiera» di De Andrè. Fiorella la Pasionaria che con la musica parla ai cuori, che usa i cento fiori della migliore canzone italiana per parlare anche alle coscienze.