Poche piogge sulla parte meridionale dell'Isola
Appena una settimana fa provavano a reggere il gioco della Protezione civile, con apologie della prudenza. Ora, alla settima giornata da «codice rosso» in poco più di due settimane, i sindaci alzano la voce: non si può scaricare sui Comuni la responsabilità di paralizzare la vita di città e paesi. Ancora di più se il meteo previsto è solo un lontano parente di quello pronosticato nel bollettino d'allerta.
Come ieri: su Cagliaritano, Sulcis e Oristanese era attesa una bomba d'acqua, sono arrivate solo poche gocce di pioggia. E i primi cittadini, che hanno dovuto incassare in silenzio le lamentele per la chiusura degli istituti scolastici nonostante ci fosse il sole, ora chiedono alla Regione di migliorare il coordinamento: dalle amministrazioni dell'area vasta di Cagliari arriva la richiesta di un incontro con governatore, assessore all'Ambiente e vertici della Protezione civile.
I SINDACI «È indispensabile che il sistema venga migliorato: d'accordo sulla massima precauzione, ma quando l'allerta riguarda tutta la Sardegna non possono essere i sindaci ad adottare 377 ordinanze», dice il sindaco di Cagliari Massimo Zedda. «Non mi fa piacere scoprire che, dopo aver chiuso scuole, uffici, mercati e aver interrotto manifestazioni a causa di un'allerta per pioggia i cittadini rischino, invece, l'insolazione al Poetto». Il sospetto è che dietro i bollettini si nasconda il più classico degli scaricabarile: si lancia l'allarme per evitare di essere chiamati in causa in caso di disastri, come è successo non più tardi di due anni fa.
In teoria, proprio per migliorare la previsione del rischio idrogeologico, dal primo gennaio del 2015 in Sardegna è operativo il Centro funzionale decentrato della Protezione civile. In questi primi dieci mesi le giornate in cui è stata dichiarata una «criticità elevata», cioè l'allerta massima, sono state otto in tutto. Quattro a ottobre, tre a settembre, una a marzo (limitata al versante orientale dell'Isola). Nel 2014 non c'è stato nessun codice rosso. Nel 2013 sono stati quattro, nel 2012 due.
«PRASSI SBAGLIATA» «Questa prassi serve solo a garantire chi gli allarmi li dichiara e a scaricare su altri le responsabilità. Un po' come fanno alcuni medici, che prescrivono farmaci e analisi non perché ritengano che servano realmente, ma solo per evitare che domani qualcuno li accusi di non averlo fatto», attacca da Castelsardo Franco Cuccureddu.
Il collega di Assemini Mario Puddu - nonostante il suo Comune sia stato uno dei pochi del Cagliaritano in cui si siano registrati disagi - annuncia: «La prossima volta difficilmente chiuderò le scuole. Questa volta l'ho fatto solo per non rimanere una mosca bianca. Il maltempo deve essere affrontato col buonsenso: nessuna norma impone ai sindaci di chiudere le scuole di fronte a un codice rosso, è solo una prassi che si sta affermando ultimamente». Forse anche per placare i malumori, l'assessore all'Ambiente Donatella Spano, nel comunicare la fine della «criticità rossa», ha elogiato il lavoro di tutta la “macchina” della prevenzione: «Ottima risposta di sindaci e cittadini: questo dimostra una crescita del sistema di Protezione civile».
Michele Ruffi