«Non so più cosa fare. Sono disperata. Per questo ho riempito la bottiglia con la benzina. Sono sempre stata calma e rispettosa. Non ho mai ottenuto nulla». Roberta trattiene a stento le lacrime. Venerdì scorso ha minacciato di darsi fuoco nella casa da cui una parente la sta cacciando. Solo l'intervento dei carabinieri ha riportato un po' di calma. Ieri mattina il blitz negli uffici comunali del Patrimonio, in via Nazario Sauro.
Roberta, insieme al marito invalido e alla figlia, vive in via La Somme, quartiere di San Michele, in un appartamento di quarantacinque metri quadri assegnato a una sua zia (che ha tre figli). «Ora ci vuole mandare via. Ha sanato un abuso grazie all'inserimento di mio marito invalido nel nucleo familiare. Ci ha utilizzato e ora ci vuole mandare via». Questo il suo racconto. Lo ripete agli agenti della Polizia municipale, alle impiegate che fissano gli appuntamenti con le assistenti sociali. Sono i vigili urbani a fare da intermediari. Roberta si calma e alla fine ottiene un breve colloquio con l'assistente sociale. Pochi minuti. Insoddisfacenti. «Mi ha dato un appuntamento per mercoledì. Non so a cosa servirà. Io, mio marito e mia figlia chiediamo solo una stanza. Non possiamo più vivere in quella casa. Se restiamo lì sono sicura che prima o poi succederà qualcosa di irreparabile. La pazienza ha un limite». La guerra tra le due famiglie va avanti da sette mesi. «Sono in graduatoria per ottenere una casa comunale ma non vedo la luce. L'esasperazione mi porta a fare gesti di cui potrei pentirmi». (m. v.)