Chi sono gli inquilini “pubblici”, tra antiche eredità, alloggi popolari, ex dipendenti e figli
La Giunta studia le vecchie locazioni, aggiorna i canoni o vende
Scusi, lei abita qui? «Sì, perché?». Queste sono case della Regione? «Sì». E pagate pochissimo. «Certo, sono della Regione». La signora non ha per niente un look da povera, non aggiunge altro, esce dal portone della palazzina nel centro storico di Cagliari, quartiere Stampace, e va di fretta, deve «correre a lavoro», alle 10 di mattina.
Altra via, accanto al Largo Carlo Felice, al citofono: «Pronto?». Buongiorno, da quanto vive qui? «Eh, ormai da quasi cinquant'anni, siamo anziani, io e mio marito, i ragazzi si sono sposati e sono andati via». E come è finita in un appartamento della Regione? «Ce l'hanno ceduto degli amici che ci stavano prima». Chi erano? «Non me lo ricordo».
Al telefono, stesso indirizzo del precedente: scusi, suo marito, il dottore, è un medico generico? «No, è un farmacista, ma cosa vuole da noi?».
Gli inquilini della Regione non amano conversare delle loro case né ricevere visite a sorpresa. Eppure stanno tutti - nome, cognome, indirizzo e canone di locazione low cost - su un elenco messo a punto di recente dal Servizio centrale demanio e patrimonio della direzione generale enti locali e finanze pubblicato sul sito istituzionale. Ce ne sono in via Portoscalas, e versano: 109 euro, 117, e 63 euro al mese. In via Baylle, 99, 110, 109 e 112 euro al mese. In via Mazzini, 21,74 euro. In via Dante, 230 euro al mese; in via Vittorio Veneto, una media di 135 euro; in via Cavour, dietro via Roma, ci sono alloggi popolari, i canoni variano dai 9,88 euro ai 327 euro al mese.
Un pattuglione di persone e famiglie che, per motivi vari, si sono sistemate negli immobili pubblici nel cuore della città o in altre belle zone residenziali, godono da sempre di un trattamento privilegiato grazie al malcostume, ai favori e all'indifferenza della politica del passato, in forza di situazioni finite nel dimenticatoio. Avevano più o meno fatto perdere le loro tracce e oggi costituiscono uno scomodo lascito per una Giunta che ha deciso di fare ordine ma non è affatto detto che ci riuscirà.
Un gruppo è quello dell'eredità di Giuseppe Asquer. L'avvocato, il “conte rosso”, che fu a lungo consigliere regionale e vice presidente dell'Assemblea, muore nel 1962 nominando la Regione erede universale del suo considerevole patrimonio immobiliare, mentre sua moglie - Amelia Gallina - ha l'usufrutto su tutti i beni, rinunciandoci in seguito in cambio di una rendita vitalizia a carico della Regione. A parte la famosa villa di viale Ciusa, dal destino burocratico lungo e tormentato (da alcuni anni in concessione all'Arcidiocesi, alla Caritas), numerosi appartamenti - con tutta probabilità per precisa volontà di Asquer, dicono alla Regione - vengono assegnati a persone bisognose a prezzi irrisori, e per chi è eventualmente succeduto nella locazione non è cambiato nulla.
Altre famiglie sono assegnatarie in base alla legge 13/89 (disciplina regionale degli alloggi di edilizia residenziale pubblica): erano state cacciate dalle abitazioni da sacrificare per la costruzione del parcheggio del Consiglio regionale, e in seguito sono dirottate nei nuovi dignitosissimi alloggi di via Cavour.
Terzo gruppo è quello degli ex autisti della Regione e parenti. Abitano in una palazzina panoramica in via Vittorio Veneto, gli anziani pensionati per i quali era stato deciso che, da servitori pubblici senza orari, dovessero avere una casa in città, le loro vedove e i loro eredi. Insomma, il riconoscimento è passato di padre in figlio, come si usa in Regione, stesso principio dei vitalizi dei defunti onorevoli. E poi chissà. Qui gli affitti vanno da 122 euro a a 151 euro al mese, una sola paga molto di più (501 euro).
Il fatto è che i contratti sono tutti scaduti o non sono mai esistiti, e adesso una grande fetta di questo patrimonio è sul mercato, diritto di prelazione garantito, ma la maggior parte degli inquilini non solo non comprerà, ma si opporrà alla vendita.
Cristina Cossu